Cassazione. Alma Shalabayeva non doveva essere espulsa

ROMA – Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Muktar Abliazov, non doveva essere espulsa dall`Italia e il provvedimento di rimpatrio risulta viziato da «manifesta illegittimità originaria». Lo afferma la Suprema corte di cassazione che ha accolto il ricorso dei legali della Shalabayeva contro il decreto del giudice di Pace di Roma del 31 maggio 2013.

La Shalabayeva insieme con la figlia Alua è da tempo tornata in Italia. I giudici della VI sezione civile sottolineano che è stato ignorato il diritto di asilo. Era stato il giudice di pace di Roma, con provvedimento emesso il 31 maggio 2013, a convalidare il suo trattenimento presso il Cie di Ponte Galeria, a seguito dell`espulsione.  La Suprema Corte ha annullato senza il rinvio il provvedimento rimarcando anche che «la contrazione dei tempi del rimpatrio e lo stato di detenzione e sostanziale isolamento» nel quale la donna è stata tenuta «dall`irruzione alla partenza, hanno determinato nella specie un irreparabile vulnus al diritto di richiedere asilo e di esercitare adeguatamente il diritto di difesa».

Poi si aggiunge che «peraltro il controllo della sussistenza di due titoli validi di soggiorno intestati ad Alma Shalabayeva sarebbe stata operazione non disagevole». Il sospetto, rivelatosi errato, di un`alterazione del passaporto diplomatico era data dall`uso del nome da nubile: era intestato «non ad Alma Shalabayeva ma ad Alma Ayan».

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