Sciopero. Piena adesione, segno di un malessere generale

ROMA – Quello di oggi è uno sciopero in cui traspare tutto il malessere dell’Italia. L’alta adesione, per i sindacati il 70%, è la prova indicativa che qualcosa non va, anzi che “così non va”, come recita lo slogan scelto dalla mobilitazione di Cgil, Uil e Ugl.

Se il governo avesse avuto la capacità di tastare il polso del paese non saremmo arrivati a questo. Legge di Stabilità, Jobs Act e aggiungiamo anche il decreto sblocca Italia, l’Esecutivo con le promesse di un cambiamento ha completamente ignorato le istanze dei cittadini, dei lavoratori, degli studenti, dei pensionati e di chi un lavoro lo sogna da anni senza ottenerlo mai. Probabilmente anche il presidente Giorgio Napolitano avrebbe dovuto ricordarlo con più vigore, visto che parla di un’esasperazione che non fa bene al Paese. Infatti anche oggi non sono mancati i momenti di tensioni, sfociati in veri e propri scontri tra forze dell’ordine, studenti e manifestanti antagonisti dei centri sociali. Lanci di pietre, bombe carta a cui gli agenti in tenuta anti sommossa hanno risposto con i lacrimogeni e delle cariche sia a Torino che a Roma, come a Milano, dove si sono registrati diversi contusi e feriti ed è scattato qualche fermo. Eloquente lo striscione calato dallo stabile in Piazza Galeno nel capoluogo lombardo dai Movimenti per la casa, “Milano resiste Roma insiste”. Insomma un atto che vuole significare una resistenza ad oltranza, per la quale nessuno è intenzionato ad arrendersi. Non vuole cedere di un centimentro neppure Susanna Camusso che dal palco di Torino lancia l’ennesimo monito al governo: “Forse per Renzi lo Statuto dei lavoratori è vecchio perché ha 40 anni. Non vorremmo sentirgli dire che anche la Costituzione è vecchia perché ne ha 70. Quando si inizia così non si sa dove si finisce”. E poi la leader della Cgil sottolinea: “Non si cambia il lavoro e non si esce dalla crisi andando contro il mondo del lavoro. Vorrei che le promesse diventassero realtà, fateci vedere cosa state scrivendo nei decreti attuativi della riforma del lavoro”. E ancora: “Nel momento in cui si tolgono tutele e diritti ai lavoratori, e si costruisce un rapporto di forza del tutto sfavorevole a chi vende la propria forza lavoro, e’ evidente che si determina una condizione di ricattabilita’ e servitù”. E poi un’ultima stoccata al premier: “Se il messaggio di Renzi è “tiriamo dritto” sappia che sappiamo tirare dritto anche noi. Non abbiamo bisogno di sentirci minacciati”. Della stessa linea anche Maurizio Landini. “Non ci fermiamo, Renzi può mettere tutte le fiducie che vuole, anche una al giorno, la lotta continuerà”, tuona il segretario generale della Fiom, in un comizio a Genova. “Quando la logica è che il lavoro lo puoi scambiare con i soldi – ha aggiunto riferendosi alla modifica dell’articolo 18 – allora il lavoro diventa una merce. Ma se a uno che è abituato a pensare che tutto si può comprare o vendere qualcuno dice a me non mi comperi perché non sono in vendita, allora il gioco cambia”. “Se Renzi vuole unire il Paese – ha concluso Landini – tolga dal tavolo l’articolo 18”.

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