ROMA – Un gruppo di deputati di vari orientamenti ha chiesto oggi una commissione d’inchiesta parlamentare sulla morte di Pierpaolo Pasolini, in seguito anche alla sensibilizzazione sul tema da parte della parlamentare di Sel Serena Pellegrino e dall’avvocato Stefano Maccioni.
“L’archiviazione all’ultimo processo ci dà la possibilità di aprire le porte del Parlamento. Nel nostro Paese restano troppi i delitti insoluti. Ma fare chiarezza sulla morte di Pasolini, a 40 anni da quell’omicidio, ha un significato in più: è un atto dovuto nei confronti di un intellettuale che è stato la coscienza critica della nostra storia recente”, spiega Pellegrino.
Presenti in conferenza stampa alla Camera, tra gli altri Walter Verini, Stefano Fassina, Paolo Bolognesi del Pd, Pippo Civati di Possibile. La proposta di legge è stata firmata anche da Gianni Cuperlo, Michele Meta, Paola Binetti, Marco Di Lello. “L’ordinanza di archiviazione si conclude dicendo che Pino Pelosi, unico condannato, probabilmente non agì da solo. Precedentemente, la sentenza di primo grado scritta da Carlo Alfredo Moro, fratello di Aldo Moro, in maniera ineccepibile parlava esplicitamente della presenza di “altri rimasti ignoti” quella notte tra il 1 e il 2 novembre 1975 all’Idroscalo di Ostia. Da li’ partiamo per chiedere di appurare il possibile filo conduttore tra la morte di Enrico Mattei, quella del giornalista Mauro De Mauro e l’assassino di Pasolini“, spiega Maccioni.
L’avvocato ha sottolineato come in base alla verità processuale “Pasolini è stato ucciso perché tentò violenza verso un minore, Pelosi. Ma ci sono numerosi elementi che devono essere verificati, e ruotano attorno a quanto Pasolini stava scrivendo nel romanzo-inchiesta rimasto incompiuto, ”Petrolio””. De Mauro e Pasolini nei loro ultimi anni stavano indagando sulla morte di Mattei. Il cronista scoprì che l’aereo del presidente Eni prima di precipitare a Bascapé era stato manomesso in Sicilia, dove si era recato nei giorni prima della morte. De Mauro non riuscì a completare il suo lavoro: venne rapito e ucciso nel 1970. Pasolini stava lavorando sui difficili rapporti tra Mattei e il suo vice Cefis, l’uno fautore dell’indipendenza energetica dell’Italia, l’altro nettamente contrario. “Io ho rifiutato di aderire alla richiesta di dar vita a una commissione di inchiesta su Ustica, perché ritengo che su quella strage non ci siano verità nascoste. Fu un atto di guerra. Nel caso di Pasolini però – ha spiegato Walter Verini, capogruppo in commissione Giustizia del Pd- ci sono molte verità da scoprire. Pelosi non era solo. Nelle ricostruzioni anche giudiziarie, alcune sigle vengono evocate con una certa ricorrenza, dalla P2 alla Banda della Magliana. È una delle zone grigie più oscure della nostra storia recente”. Civati ha inoltre richiamato i legami tra quella vicenda e la cronaca quotidiana. “Oggi – ha spiega riferendosi a Mafia Capitale- è una giornata delicata per la politica di questa città. Ed è di fortissimo valore simbolico che si indaghi sui lati oscuri del potere. Ci sono dei fili che probabilmente non si sono interrotti. E spero che anche i parlamentari più lontani da Pasolini possano sottoscrivere questa richiesta”.