Brescia. Da 5 giorni sulla gru per un permesso di soggiorno

BRESCIA – Resistono al maltempo lombardo i 6 immigrati  che da 5 giorni, saliti su una gru, protestano chiedendo i permessi di soggiorno.

Tutto accade nel cantiere della Metropolitana Bresciana, e minacciano di gettarsi di sotto se qualcuno sale per portarli giù.
Un indiano, un marocchino, un egiziano e due pakistani, con età che varia dai 25 ai 32 anni, da sabato pomeriggio sono sulla gru, a 30 mt di altezza, del cantiere del Motrobus di Piazzale Cesare Battisti. La protesta ha origine dalla sanatoria colf e badanti del 2009. Nonostante regolare presentazione di domanda per sanatoria, con annesso pagamento di tasse (500 euro) e relativo versamento di contributi per diverse migliaia di euro, non è stata data loro nessuna risposta.

Il gesto estremo è maturato dopo 32 giorni di presidio a terra, in via Lupi di Toscana, sostenuto dai altri extra comunitari nelle stesse condizioni. Le trattative con i 5 disperati avvengono tramite il telefoni tecnici della gru.
Gli extra comunitari sono stati invitati a scendere per proseguire la protesta in altra sede, con l’offerta di un tavolo di lavoro coordinato dalla Prefettura per risolvere la problematica regolarizzazione.
Maurizio Murari, ieri mattina, si è arrampicato sulla gru per fornire loro cibo. Operazione che, per ovvi motivi di sicurezza, è stata più volte ostacolata dalle forze dell’ordine che considerano l’operazione di spettanza ai vigili del fuoco.

Nella trattativa, era concordato che in cambio dei pasti sarebbero stati forniti i numeri di cellulare dei  5.  
Il Murari ha dichiarato di aver trovato i cinque stremati e provati dal freddo e la battente pioggia, e ha sottolineato come è vitale avere il permesso di soggiorno, strumento che permette di uscire dal mondo degli invisibili, poter ottenere un contratto di lavoro regolare, accedere ai servizi sanitari, e vedere riconosciuti il minimo dei diritti umani.

I cinque giovani hanno avuto la solidarietà del congresso nazionale del Movimento Nonviolento, che dichiarano: «Condividiamo le loro parole: nessuna persona è illegale! A questi uomini e a queste donne viene negato un diritto non per aver commesso reati ma per la loro condizione di clandestinità, stato che al momento della presentazione della domanda di sanatoria, disposta dal governo nel settembre del 2009, non costituiva impedimento alla regolarizzazione. Cambiare le regole a procedure già avviate è una modalità inaccettabile, ancor più grave per la persona più debole».  Al momento è difficile la ripresa del cantiere, e sabato prossimo è previsto un corteo di solidarietà. La protesta dei cinque si può sintetizzare come una richiesta di dignità umana alla quale, sembra che le istituzioni siano insensibili.

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