Mafia Capitale. Prime condanne. Odevaine ottiene domiciliari

ROMA –  Prime quattro condanne nell’inchiesta che ha fatto tremare Roma nei confronti dei quattro imputati che avevano scelto il rito abbreviato. Si tratta di Emilio Gammuto, ex collaboratore di Salvatore Buzzi, condannato a 5 anni e 4 mesi, di Emanuela Salvatori, ex funzionaria del Comune di Roma e responsabile dell’attuazione del piano nomadi di Castel Romano, condannata a 4 anni, e di Raffaele Bracci e Claudio Gaudenzi, entrambi condannati a 4 anni.

Partirà invece il 5 novembre il maxi processo con rito immediato. Quarantasei imputati, centomila atti processuali, nove mesi di processo, 136 udienze già in programma. Una vera e propria maratona processuale che prenderà il via nell’aula Occorsio del Tribunale di Roma per poi trasferirsi nell’aula bunker di Rebibbia, dove si sono celebrati alcuni dei più importanti dibattimenti della storia italiana. Un terremoto giudiziario, scatenato dall’inchiesta denominata ‘Mondo di mezzo’. A dare il nome all’operazione dei carabinieri del Ros la teoria esposta da quello che la Procura ha indicato come il capo dell’operazione ‘Mafia Capitale’: “Ci stanno, come si dice, i vivi sopra e i morti sotto, e noi stiamo nel mezzo.. Allora vuol dire che ci sta un mondo in mezzo in cui tutti si incontrano – dice l’ex Nar Massimo Carminati parlando con il suo braccio destro Riccardo Brugia- è a teoria del mondo di mezzo compà.. Nel mezzo anche la persona che sta nel sovramondo ha interesse che qualcuno del sottomondo gli faccia delle cose”.

Il primo atto della ‘tragedia capitale’ si apre il 2 dicembre del 2014, quando 37 persone vengono arrestate, 29 in carcere e otto ai domiciliari, e circa 100 vengono indagate, tra cui l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno. Tra i reati contestati all’organizzazione, al cui vertice sarebbe appunto l’ex terrorista nero ed ex banda della Magliana Massimo Carminati, “er cecato”, c’è l’associazione a delinquere di stampo mafioso, oltre che estorsione, usura e riciclaggio, turbativa d’asta, false fatturazioni. Altro elemento di spicco dell’organizzazione è, secondo gli inquirenti, Salvatore Buzzi, capo della Cooperativa 29 giugno. Carminati e Buzzi, secondo gli investigatori, sarebbero le due anime  di mafia capitale: il primo quella segreta, che opera nell’ombra, il secondo la faccia pubblica e la chiave di volta per accedere al mondo ‘di sopra’, per infiltrarsi nel mondo degli affari e approcciare i politici da mettere a libro paga. Spiegando l’operazione, il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone delinea infatti un ”ramificato sistema corruttivo per l’assegnazione di appalti e finanziamenti pubblici del Comune di Roma”, con particolare interesse su verde pubblico, immigrati e nomadi. Tanto che, secondo gli investigatori, a libro paga di Buzzi ci sarebbe anche Luca Odevaine, ex vicecapo di gabinetto di Walter Veltroni e capo della polizia provinciale, poi divenuto membro del tavolo di coordinamento nazionale sull’accoglienza dei migranti del ministero dell’Interno. 

Odevaine, che ha ottenuto proprio oggi i domiciliari, non è però il solo nome che scotta nelle carte della prima tranche dell’inchiesta. Tra gli altri arrestati eccellenti c’è infatti anche l’ex amministratore delegato di Ama, Franco Panzironi, uomo vicinissimo ad Alemanno, mentre l’ex dg della stessa azienda capitolina Giovanni Fiscon viene messo ai domiciliari. In manette insieme ai ‘colletti bianchi’ Matteo Calvio, detto lo ‘spezzapollici’ di Carminati, e Giovanni De Carlo, detto Giovannone, l’amico di molti vip della Capitale. Ma l’inchiesta arriva fin dentro il Campidoglio, con l’assessore alla Casa della giunta Marino Daniele Ozzimo e il presidente dell’assemblea capitolina Mirko Coratti, che, entrambi indagati, si dimettono dichiarandosi estranei ai fatti: verranno arrestati nel ‘secondo atto’ di mafia capitale che scatterà esattamente sei mesi dopo, il 4 giugno. Nell’ordinanza di custodia cautelare anche in questo caso si torna a parlare di reati come associazione di stampo mafioso, corruzione e turbativa d’asta. Tra gli arrestati figurano il consigliere regionale di Forza Italia Luca Gramazio e i consiglieri comunali Giordano Tredicine (Fi) e Massimo Caprari (Cd), l’ex direttore del dipartimento politiche sociali di Roma Angelo Scozzafava e l’ex presidente Pd del municipio di Ostia Andrea Tassone.

L’inchiesta tocca da vicino anche la Regione Lazio: tra gli indagati finisce anche l’ex capo di gabinetto del presidente Nicola Zingaretti Maurizio Venafro, che si dimette dopo aver saputo dell’indagine. Ai domiciliari finiscono i manager della cooperativa ‘La Cascina’, vicina al mondo cattolico, e l’imprenditore Daniele Pulcini. Il primo procedimento legato all’inchiesta Mondo di Mezzo inizia il 20 ottobre scorso. Un’anteprima del maxi processo che si riduce in nulla per l’ex dg di Ama Giovanni Fiscon, che chiede il rito abbreviato ma lo condiziona all’audizione di 26 testimoni: richiesta rigettata dal gup di Roma Anna Criscuolo, che ‘rispedisce’ Fiscon direttamente al giudizio immediato al via il 5 novembre. Per gli altri quattro imputati giudicati con l’abbreviato le condanne arrivano oggi, e sono le prime per mafia capitale: 5 anni e 4 mesi per l’ex collaboratore di Buzzi Emilio Gammuto, e 4 anni per Emanuela Salvatori, Raffaele Bracci e Fabio Gaudenzi. La data più attesa resta comunque il 5 novembre. A giudicare gli imputati con rito immediato sarà la decima sezione penale presieduta da Rosanna Ianniello. Un processo dove non compariranno mai in aula i principali protagonisti: ‘Er cecato’ Massimo Carminati, il ras delle cooperative Salvatore Buzzi e l’ex Nar Roberto Brugia saranno collegati in videoconferenza, un provvedimento preso per motivi di sicurezza. Carminati resterà nel carcere di Parma dove è detenuto al regime del 41bis, Buzzi in quello di Tolmezzo e Brugia a Terni. I giudici hanno stabilito inoltre che altri 14 imputati seguiranno la prima udienza a distanza. Tra loro Luca Odevaine e Franco Panzironi. 

La decisione di un calendario con in media 4 udienze a settimana ha scatenato la reazione dei penalisti impegnati nelle difese che hanno indetto uno sciopero per 4 giorni dal 9 al 12 novembre. Lunga anche la lista dei testimoni citati dalla Procura, una settantina di nomi: tra loro anche l’ex deputato del Pdl Marco Milanese, l’ex ad di Enav Guido Pugliesi e lo stesso Odevaine che nel processo è accusato di corruzione. La procura intende citare poi ufficiali e sottufficiali dei carabinieri che hanno seguito le indagini, componenti della commissione prefettizia di accesso Marilisa Magno (ministero dell’Interno), Massimiliano Dardani (ministero delle Finanze), Enza Caporale (prefettura di Roma), Vito Tatò, in servizio presso l’ispettorato generale del Mef, Luigi Maggio, vicesegretario generale di Roma Capitale e Marcello Corselli, viceragioniere generale di Roma Capitale. Il via al maxi processo però non esaurisce i tronconi giudiziari aperti. Se la posizione di Gianni Alemanno è ferma all’avviso di conclusione indagini (senza associazione a delinquere), quella di Venafro, per il quale è già arrivata la richiesta di rinvio a giudizio, sarà al vaglio del gup l’11 novembre prossimo. 

Il 26 novembre partiranno invece i cinque processi con rito abbreviato che sono stati richiesti dall’ex assessore comunale alla Casa Daniele Ozzimo, dall’ex consigliere comunale Massimo Caprari, da Gerardo e Tommaso Addeo, già collaboratori di Luca Odevaine e da Paolo Solvi, collaboratore dell’ex presidente del X Municipio Andrea Tassone, tutti accusati di corruzione. Dopo l’udienza del 26 novembre l’esame delle cinque posizioni proseguirà il 17 dicembre e non è escluso che i processi si concludano lo stesso giorno. Il 21 dicembre prossimo poi il giudice dell’udienza preliminare di Roma Alessandra Boffi si pronuncerà sulla richiesta di patteggiamento che quattro ex dirigenti della cooperativa ‘La Cascina’ imputati nell’inchiesta su Mafia Capitale avevano concordato con la Procura della Repubblica. Si tratta di Francesco Ferrara che ha chiesto di poter patteggiare 2 anni e 8 mesi, Domenico Cammisa, Salvatore Menolascina e Carmelo Parabita che invece hanno chiesto di patteggiare 2 anni e 6 mesi per l’accusa di corruzione. L’imputazione è stata contestata con riferimento all’opera corruttiva nei riguardi di Odevaine, per poter così ottenere l’appalto della gestione del Cara di Mineo. Un’inchiesta che non si ferma, e solo pochi giorni fa c’è stato un nuovo arresto per corruzione, e ai domiciliari è finita Clelia Logorelli, dirigente del Settore verde di Eur Spa, subito sospesa dall’incarico.

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