Quota latte. L’esasperazione degli allevatori

ROMA – La polvere di latte e le cagliate straniere che hanno attraversato la frontiera per giungere in Italia ed essere trasformate in formaggi e mozzarelle “made in Italy” sono state gettate in terra dagli allevatori che denunciano la concorrenza sleale e il grave danno provocato all’immagine e alla qualità del prodotto realizzato con il latte italiano.

Lo rende noto la Coldiretti da Udine dove è in corso la mobilitazione di migliaia di allevatori che, di fronte a un crisi senza precedenti, sono scesi in piazza con mucche e trattori, ad un anno dalla fine delle quote latte. Una mozzarella su quattro in vendita in Italia – informa la Coldiretti – non è ottenuta direttamente dal latte, ma da semilavorati industriali, chiamati cagliate, che vengono dall’estero senza alcuna indicazione in etichetta. Ciò provoca una distorsione del mercato, una depressione dei prezzi pagati ai allevatori italiani e causa la chiusura degli allevamenti. Di fronte a questa escalation di truffe e inganni per salvare il Made in Italy – conclude la Coldiretti – non c’è piu’ tempo da perdere e occorre rendere subito obbligatoria l’indicazione di origine del latte in tutti i prodotti lattiero caseari per garantire la trasparenza dell’informazione e la salute dei consumatori.

A rischio 120mila posti di lavoro solo negli allevamenti

Dalla fine delle quote latte lo scorso anno hanno chiuso in Italia almeno 1500 stalle da latte, la maggioranza in montagna, per effetto del crollo del prezzo pagato agli allevatori che è sceso addirittura al di sotto dei costi di alimentazione del bestiame, su valori di ben quindici anni fa. E’ quanto emerge dal dossier Coldiretti “Quote latte: un anno dopo” presentato alla mobilitazione di migliaia di allevatori che sono scesi in piazza con mucche e trattori, ad un anno dalla fine delle quote latte e di fronte a un crisi senza precedenti, a Udine in Friuli, la porta di ingresso in Italia di centinaia di milioni di chili di latte stranieri, anche come trasformati e semilavorati industriali, che vengono spacciati con l’inganno come Made in Italy. Il prezzo del latte alla stalla – sottolinea la Coldiretti – sta letteralmente crollando da 0,44 euro al litro nel marzo 2014 a 0,37 nel marzo 2015 ed è ora mediamente di 0,33, con punte fino a 0,30 euro in Friuli Venezia Giulia, dove si registrano le quotazioni piu’ basse d’Italia proprio per la pressione delle importazioni di bassa qualità. Si tratta di valori che – denuncia la Coldiretti – non consentono neanche di garantire l’alimentazione degli animali e che spingono le aziende alla chiusura mettendo a rischio il lavoro, gli animali, le stalle, i prati ed i pascoli custoditi da generazioni. La vita o la morte di molte stalle sopravvissute fino ad ora in Italia dipende – sostiene la Coldiretti – da almeno 5 centesimi per litro di latte che si ricavano dalla differenza tra i costi medi di produzione pari a 38-41 centesimi e i compensi attualmente riconosciuti. Per effetto di questi pochi centesimi le stalle presenti in Italia dopo la fine delle quote latte sono scese al minimo storico di meno di 33mila unità, rispetto alle 180mila attive nel 1984 all’inizio del sistema delle quote, con il rischio concreto che di questo passo nel giro di qualche anno la nostra montagna verrà spopolata dalla indispensabile presenza degli allevamenti, che hanno garantito fino ad ora biodiversità, ambiente e equilibrio socio economico delle aree più sensibili del Paese. “Quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere lo spopolamento e il degrado spesso da intere generazioni”, afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “in pericolo c’è un patrimonio culturale, ambientale ed economico del Paese. La Coldiretti è impegnata in un piano salva stalle per fare in modo che neanche un litro di latte venga gettato” conclude Moncalvo nel sottolineare che “a rischio i sono i 120mila posti di lavoro nell’attività di allevamento da latte che è per metà destinato ai 49 formaggi italiani a Denominazione di origine Protetta (Dop), un primato a livello europeo”.

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