Delitto di via Poma. Secondo l’accusa ci fu rapporto sessuale poi degenerato

ROMA – «L’aggressore di Simonetta non è stato un estraneo, ma l’amato Raniero». È partita da questa certezza la requisitoria del pm Ilaria Calò al processo che vede Raniero Busco accusato di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà per la morte dell’ex fidanzata Simonetta Cesaroni, l’impiegata uccisa con 29 coltellate il 7 agosto 1990 negli uffici romani dell’associazione degli Ostelli della gioventù, in via Carlo Poma, a Roma.

Oggi doveva essere il giorno delle richieste conclusive da parte del pm. Ma la minuziosa ricostruzione delle tesi dell’accusa ha portato alla necessità espressa dalla III Corte d’assise della capitale di spezzare in due la discussione, fissando per il 7 gennaio l’udienza nella quale saranno illustrate le prove scientifiche e l’esito delle valutazione di ipotesi investigative alternative che nel tempo sono affiorate. Subito dopo, la richiesta conclusiva nei confronti dell’imputato Busco.

L’assenza di lesioni da difesa sul corpo di Simonetta si spiega per il fatto che inizialmente non si è difesa dal rapporto sessuale, perchè l’aggressore era l’amato Raniero Busco». È un passaggio della requisitoria del pm Ilaria Calò. Sulla porta dell’ufficio, all’epoca sede degli Ostelli della Gioventù, ha detto il pm, non sono stati rilevati «segni di forzatura nè di scasso», quindi Simonetta «ha aperto volontariamente al suo aggressore». Con lui, ha continuato Ilaria Calò, si è appartata nell’unica stanza che «aveva le tapparelle abbassate, si è tolta da sola le scarpe che infatti sono state slacciate e non sfilate, e riposte ordinatamente in un angolo». «Nella stanza non sono state trovate tracce di colluttazione», ha sottolineato. Poi, ha aggiunto il pm, «da sola la vittima si è sbottonata il corpetto di pizzo San Gallo che indossava». Secondo la ricostruzione della pubblica accusa, «all’approccio violento dell’aggressore , ovvero il morso, la vittima ha preso il tagliacarte dalla scrivania. L’aggressore le ha strappato il tagliacarte con la mano destra e con l’altra le ha sferrato un ceffone. La vittima tramortita è caduta a terra».

Quel giorno, secondo la pubblica accusa, era previsto un incontro di chiarimento tra la ragazza e Raniero Busco. Complessivamente sono diciotto i punti sui quali si incentra l’analisi del delitto del pm. Più della metà sono stati illustrati all’udienza di oggi, mentre per gli altri e le conclusioni si dovrà attendere il prossimo 7 gennaio. La ricostruzione di quei concitati momenti che portarono all’accoltellamento partono da un rapporto sessuale consenziente e proseguono con la reazione della ragazza a un morso subito. «La vista di un tagliacarte preso dalla vittima portò l’aggressore – ha detto il pm – a darle un ceffone e strapparglielo di mano. Simonetta era caduta e non più in grado di reagire».

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