Venezia senza data. Il resoconto trascritto di una seduta di tortura a Palazzo Ducale

VENEZIA – Il 26 giugno del 1987 è entrata in vigore la Convenzione Contro la Tortura. Il trattato, ratificato da ben 145 paesi dei 200 esistenti, si prefiggeva di allarmare stati e governanti su una misura tanto crudele quanto utilizzata. Attualmente sembra che il 40% dei rifugiati che giungono in paesi europei sia stato almeno una volta torturato.

Il dato si fa ancora più sconcertante leggendo che per Amnesty International l’80% delle torture e dei maltrattamenti si compiono nei paesi del G20. Se prendiamo l’esempio del più popolato dei continenti, l’Asia, si può dire che a eccezione di Corea del Sud e Hong Kong, in quasi tutti gli altri paesi la tortura è considerata uno dei vari metodi di investigazione criminalità. Durante la Serenissima, per quanto molti si ostinino a dipingerne un governo giusto ed imparziale, la tortura era praticata. Non solo, in caso di tortura da parte del Consiglio dei Dieci, non si aveva diritto di assistenza legale. Certo va considerato che il Seicento per molti stati, compresi gli Stati Uniti, fu un secolo di roghi alle streghe. Di quei metodi e di quei momenti, non ci è rimasto nulla o poco di contemporaneo. Recentemente, per un caso fortuito, ho avuto modo di trovare un verbale di una seduta. Un caso estremamente raro se pensiamo che la maggior parte dell’archivio del Consiglio dei Dieci fu eliminato durante il periodo napoleonico. I dialoghi registrati li lascio esattamente cosi come furono scritti.

Siamo dentro il palazzo Ducale, nella sala dei tormenti della corda e del fuoco. L’imputato è Domenico Reato, accusato per l’omicidio di Baldissera Guadagnini.
Non abbiamo l’anno ma sappiamo dalla registrazione che era il 22 febbraio.
Nella stanza si erano riuniti i Capi e gli Avvogadori Grandi.

Un soldato lo fa sedere e gli dice:
– Questi signori eccellentissimi sono il tuo collegio, et vedi, che sono redotti nel loco del tormento et te si dice, che la giustizia tiene che essendo stato posto ordine se trattato di amazzar Baldissera Guagnini, tu insieme ad altri sii stato la spia di questo tradimento conducendo quello infelice mascherato, et tu dismascherato nell’insidie, onde fu poi assassinato e morto. Però si vuol saper da te con chi hai trattato, et chi sono li assassini di detto delitto, perché altrimenti te si farà dire quanto è predetto con il mezzo di quella corda, che vedi là preparata.

Domenico osserva la corda penzolare dal soffitto con la sofferenza che sapeva gli avrebbe causato risponde:
– Io non so niente, ne si troverà mai di questo la verità, non so niente tormenteme quanto volè che Dio mi aiuterà, non so de trattato, ne conosco nessun.
Alcuni soldati si erano avvicinati ed avevano cominciato a spogliarlo, gli fu ripetuto nuovamente  -Domenico non ti lassar tormentar per la verità.

-Mi non so niente, non si troverà mai questo in verità, dio mi aiuterà.
-Vedi Domenico, che la giustizia vuol saper la verità, dillo liberamente, ben vedi come la va
-Io non so niente, habbiamo perso un grande amico, ho più pianto la morte de quello che quella di mia madre.
Mentre gli uomini lo spogliano lui piange ed urla. Un medico appositamente chiamato per indicare che quell’uomo non poteva subire la tortura in quanto aveva il “petto intero”. I magistrati danno allora ordine che fosse solo legato. Con un filo di voce dice:
-Che mi havesse assassinà il ser Baldissera, Dio guarda, l’era il maggior patron, che havessimo, che ho tanto pianto la sua morte, e tanto urlato che li vicini lo possono testificar.

Si decide allora di slegalo e di rivestirlo e gli si dice:
-Non mancherano alla giustizia altri tormenti per farle dir la verità.
-Sia in buon hora, Dio benedetto mi aiuterà.
Il giorno successivo Domenico viene condotto nella stanza del tormento del fuoco.

Un soldato mentre lo legava gli dice
-Domenico tu vedi, che alla giustizia non mancano i mezzi per saper la verità, non ti lassar tormentar.
-Dirò mai quel che non so, fe che mi qual che volè, so che ho da morir, ma non posso dir quello che non so
-La giustizia tiene che essendo posto ordine nel fatto trattato di ammazzar Baldissera Guagnini tu, con altri, sei stato la spia di questo tradimento, conducendo questo infelice, mascherato e tu dismascherato, onde fu poi morto, però si vuol saper da te come hai trattato, et chi sono stati li assassini di tal delitto, dilo adunque liberamente !
-Non so niente, non so cosa nissuna,
Si ordina quindi ai soldati di spogliarlo. Quindi lo legano alla sedia con i piedi posti su una tavoletta di legno. Al di sotto un fuoco acceso.
-Vedi Domenico, che la via da dover et che si vuol saper la verità, però ressolvite de farlo.
L’uomo si mise a piangere ed urlando disse
-Non posso dir quello che io non so, Jesus, ch’io havesse assassinado quel gentill’huomo? Non sa il clarissimo Querini, ch’io dissi che volevo morir con lui ? ma Dio mi aiuterà, et inspirerò nelli cori di Vostra Signori illustrissime la mia innocenza.
Ci fu un momento di silenzio, e poi fu alzata la tavoletta di legno
-Di la verità di quanto si vuol saper da te.
L’uomo cominciò a gemere ed urlare
-Non posso dir quel che non so, Dio aiuteme, son innocente, son tormentà a torto
-Di la verità, tu sei andato alla festa con il Venier, sei stato la spia del tradimento, di la verità !
-Non so niente, non so niente, Vergine Maria aiuteme, son innocente
-Tu non lo poi negare, non dai conto veridico nel tuo costituto, et in particolar di esser andato sopra la festa a San Polo [Sestiere di Venezia] senza feraruol con il Venier per dimandar aiuto al Foscarini, apparendo chiaro che tu vi andasti imbavutalo, et che di questo fatto non li parlasti niente.
-Non è vero niente

Fu calata la tavoletta, dandogli un breve sollievo
-Si dice che chiaramente appare che sei stato il traditore insieme con il Venier, poi che, potendo tu chiamar li vicini, et dimandando aiuto, lo potevi soccorer, e pur non lo hai fatto.
-Non è vero niente, non so niente, illustrissimo Lando, illustrissimo Avvogador fe essaminar, che Dio… aiuteme…
Poi guarda gli uomini con sguardo implorante ma questi alzano la tavoletta che lo proteggeva dal fuoco acceso per la seconda volta
-Bisogna dir la verità, ressolveti, non ti lassar tormentar.
Legato alla sedia la vittima comincia ad urlare forte mentre l’odore acre del fuoco a contatto dei piedi, riempiva la stanza
-Non so niente, non so niente, di me son morto, non più illustrissimi signori fe essaminar li Querini, che intendere, che mi voleva andar a morir con lui
Fu riposta la tavoletta
-Se li Querini erano giunti con la barca, perchè non procurar aiuto de gente, et de lumi per aiutarlo? Rispose gridando e lamentandosi
-Non son in colpa de niente, non so cosa alcun, dio mi aiuterà, et insimperarà in vosti illustrissimi, la mia innocenzia, illustrissimo Lando, fe essaminar coloro che intendere che volevo andar a mori con lui
Le sue affermazioni non riescono a convincere i magistrati che decidono di alzare per la terza volta la tavoletta
-Non ti lassar tormentar, tu vedi che la giustizia vuol saper la verità
-Non so niente,
-Di la verità, podevi tu et il Venier aiutarlo, et non l’hai fatto
-Non è vero niente, non so niente, che Jesu Christo feme morir da morte subitanea, per liberarmi da tanti tormenti
-Appar chiara la tua colpa, quanto che nel tuo costituto, vuoi dar ad intendere, che ti fussero attorno dieci, o dodeci [uomini], non di meno non sei restato offeso.
-Non so niente, non sano tutti il mio dolor, non posso più, fe essaminar li Foscarini,
-Di la verità, chi sono stati li assassini ?, et con chi hai trattato il tradimento ? non ti lassar tormentar.
-Non so niente.
-Di la verità, staremo qua due hore
-Non so niente,
-Che amicizia havevistu co’l Saranello?
-Mio padre li fece una Frezzaria.
-Col Steffani che amicizia hai?
Continuando ad urlare e lamentandosi del dolore rispose
-E’ assai tempo che lo conosco.
-E col Morosini ? e con Antonio Donati ? che sorte de amicizia havevi
Rispose gridando e piangendo
-Li conosso già molto
-Non ti gioverano punto queste tue negative, ne questo tuo dire non so, non è vero. Poi che appare in processo, che tutti eravate attorno il Guagini, e con tutto ciò, ne tu, ne il Venier siete restati, ad alcun conto offesi, anzi che il Venier stava come assistente, perciò te si dice che non sarai levato di la, se prima non racconti alla giustizia come è passato il fatto, et chi sono stati li assassini
-Io non so niente, non posso dir quello che non so !
Non ottenendo alcun risultato si ordina di riporre per la terza volta la tavoletta e di tradurre il prigioniero. Prima di condurlo in cella il magistrato apostrofa nuovamente l’imputato
-Per questo non credere di essere sollevato dalla pena, dal tormento, poi che si tornerà delle altre volte, volendosi ad ogni modo saper la verità.
Madido di sudore, con i piedi bruciati rispose con l’ultimo filo di voce
-Non dirò mai quel che non so, e Dio mi aiuterà.
Questo è quanto si è conservato negli atti di un processo che doveva essere ben più completo. Di fatto non sappiamo se Domenico sia sopravvissuto e se sia riuscito a comprovare la sua innocenza. Spesso, troppo spesso, la tortura si ripercuote sulla mente di queste vittime e se anche fossero innocenti, la loro vita sarebbe segnata per sempre.

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