Polverini story. Anni orribili per la Regione Ma “ora parlo.”Attendiamo fiduciosi

ROMA – L’avventura era cominciata con il panino di Milioni ed è finita tra le ostriche di Fiorito e soci. Due anni e mezzo vissuti pericolosamente quelli della presidente Polverini.

Nel 2010 non riescono a presentare la lista del Pdl a Roma, ufficialmente per colpa del presentatore che era andato, appunto, a mangiarsi un panino. Eppure vince su una Bonino data per favorita, ma letteralmente scomparsa in campagna elettorale. Occupata più a pensare ai digiuni che agli incontri con gli elettori.
La maggioranza che ne esce, però, è subito traballante, tanto che provano anche a rafforzarla artificialmente inserendo tre consiglieri in più, con una lettura azzardata della legge elettorale. Tanto azzardata che i tre “abusivi” vengono rispediti a casa dopo pochi mesi con sentenze del Tar e del Consiglio di Stato. E allora vengono fuori gli appetiti dei romani del Pdl, esclusi dal Consiglio regionale. Ed ecco gli assessori esterni, ecco l’invasione di società e aziende regionali. Ecco l’Udc che puntella il tutto, ma pretende per il ras laziale Luciano Ciocchetti il posto di vice e assessore all’Urbanistica. Lei, Renata pensa a blindarsi affidando posti chiave nel governo e nell’amministrazione a suoi fedelissimi, tutti targati Ugl, il sindacatino di destra da cui viene lei stessa, assurta agli onori delle cronache per meriti televisivi, Ballarò soprattutto dove è stata ospite fisso.
Funziona poco: in Consiglio regionale siede una manciata di sconosciuti, messi lì per riempire le liste, ma che poi l’esclusione del Pdl romano e la contemporanea esplosione della lista civica della presidente ha beneficiato di un posto inaspettato. Sono lì per caso, sanno che dureranno cinque anni e sono voraci, come si scoprirà poi. Voraci e incompetenti. Le leggi approvate si contano sulla punta delle dita, molte quelle bocciate dalla Corte costituzionale. E intanto Renata la pura viene lambita da scandaletti vari: quella casa dell’Ater in affitto, il viaggio in elicottero per arrivare alla sagra del peperoncino. Le spese per la comunicazione istituzionali che si moltiplicano. Parenti e fidanzate assunte in Giunta. Vivacchia, taglia drasticamente gli ospedali delle province, non quelli romani, tanto meno quelli privati. Aumenta le tasse, Irpef e bollo auto, paga qualche cambiale, come quella con i costruttori romani che beneficiano del nuovo piano casa scritto a quattro mani con Ciocchetti. Anche quello impugnato dal governo. Poi è arrivata la valanga Fiorito, i festini in costume, le spese folli dei consiglieri. Del Pdl, innanzitutto, ma non solo. Spese approvate da tutti i partiti e denunciate da nessuno.

Io sono pulita, gli indegni siedono in Consiglio, ha detto ieri annunciando non che si dimetteva, ma che mandava a casa quei “malfattori”. In realtà a casa ce l’hanno mandata la spallata dei consiglieri di centrosinistra, che avevano annunciato le proprie dimissioni. Poi ci ha pensato il cardinale Bagnasco a mettere le cose in chiaro: due interviste di fuoco nel giro di tre giorni e Casini, stampella a quel punto essenziale, l’ha mollata. E poi come continuare a dire: “Io non sapevo”. E da quale bilancio arrivavano quei 14 milioni destinati ai gruppi consiliari? Dal suo assessore di fiducia, Stefano Cetica. Ovviamente di provenienza Ugl.
Adesso saranno cinque mesi di fuoco. Intanto si attendono le rivelazioni che ha annunciato Polverini durante la conferenza stampa delle dimissioni. Ha detto, più o meno: “Sono stata zitta per dovere istituzionali, ma adesso parlo”. Aspettiamo fiduciosi. Viene da chiedersi, proprio per i suoi doveri istituzionali perché non abbia parlato prima. E non ai giornalisti, in Procura.
Di certo c’è che questa vicenda rappresenta un’ulteriore crepa nel rapporto fra politica e cittadini. Un colpo mortale per il Pdl, già in profonda crisi. Ma anche per quel centro sinistra che, se prima faticava a trovare il bandolo della matassa, adesso si trova coinvolto a pieno titolo nel classico “sono tutti uguali”. Sarà anche qualunquista, ma come dargli torto. Insomma, la frana del Lazio è un altro elemento di una frana generale. Se ne accorgeranno i partiti?

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