Difendersi dall’aggressione mediatica

La giustizia è importante per l’esercizio della democrazia. La democrazia è importante per l’esercizio della giustizia. Il disinteresse dimostrato dalla classe politica italiana verso noi periti mi avvilisce. Desidero segnalarvi due brani da due libri che ho avuto il piacere di leggere in questi ultimi anni. Il primo, una libera traduzione di Indro Montanelli al cap. VIII di La Repubblica di Platone pubblicato da Rizzoli “La stecca nel coro”..

“Quando la città retta a democrazia si ubriaca, con l’aiuto di cattivi coppieri, di libertà confondendola con la licenza, salvo a darne poi colpa ai capi accusandoli di essere loro i responsabili degli abusi e costringendoli a comprarsi l’impunità con dosi sempre più massicce d’indulgenza verso ogni sorta d’illegalità e di soperchieria; quando questa città si copre di fango accettando di farsi serva di uomini di fango per poter continuare a vivere e ad ingrassare nel fango; quando il padre si abbassa al livello del figlio e si mette, bamboleggiando, a copiano perché ha paura del figlio; quando il figlio si mette alla pari del padre e, lungi dal rispettarlo, impara a disprezzarlo per la sua pavidità; quando il cittadino accetta che, di dovunque venga, chiunque gli capiti in casa possa acquistarvi gli stessi diritti di chi l’ha costruita e c’è nato; quando i capi tollerano tutto questo per guadagnare voti e consensi in nome di una libertà che divora e corrompe ogni regola ed ordine, c’è da meravigliarsi che l’arbitrio si estenda a tutto, e che dappertutto nasca l’anarchia e penetri nelle dimore private e perfino nelle stalle?

In un ambiente siffatto, in cui il maestro teme ed adula gli scolari e gli scolari non tengono in alcun conto i maestri; in cui tutto si mescola e confonde; in cui chi comanda finge, per comandare sempre di più, di mettersi al servizio di chi è comandato e ne lusinga, per sfruttarli, tutti i vizi; in cui i rapporti fra gli uni e gli altri sono regolati soltanto dalle reciproche compiacenze nelle reciproche tolleranze; in cui la demagogia dell’uguaglianza rende impraticabile qualsiasi selezione, ed anzi costringe tutti a misurare il passo sulle gambe di chi le ha più corte; in cui l’unico rimedio contro il favoritismo consiste nella reciprocità e moltiplicazione dei lavori; in cui tutto è concesso a tutti in modo che tutti ne diventino complici; in un ambiente siffatto, quando raggiunge il culmine dell’anarchia, e nessuno è più sicuro di nulla, e nessuno è più padrone di qualcosa perché tutti lo sono, anche del suo letto e della sua madia a parità di diritti con lui e i rifiuti si ammonticchiano nelle strade perché nessuno può comandare a nessuno di sgombrarli; in un ambiente siffatto, dico, pensi tu che il cittadino accorrerebbe in armi a difendere la libertà, quella libertà, dal pericolo dell’autoritarismo?

Ecco, secondo me, come nascono e donde nascono le tirannidi. Esse hanno due madri. Una è l’oligarchia quando degenera, per le sue lotte interne, in satrapia. l’altra è la democrazia quando, per sete di libertà e per l’inettitudine dei suoi capi, precipita nella corruzione e nella paralisi. Allora la gente si separa da coloro cui fa colpa di averla condotta a tanto disastro e si prepara a rinnegarla prima coi sarcasmi, poi con la violenza, che della tirannide è pronuba e levatrice.

Così muore la democrazia: per abuso di se stessa. E prima che nel sangue, nel ridicolo.”

Il secondo “Démocratie en Amérique” di Alex de Tocqueville, pubblicato da Cappelli Editore.

“È nell’essenza stessa dei governi democratici che il dominio della maggioranza sia assoluto, e di tutti i poteri politici, il legislativo è quello che alla maggioranza obbedisce più volentieri. L’impero morale della maggioranza si fonda, in parte, sull’idea che vi sia più saggezza ed acume in molti uomini riuniti che non in uno solo, nel numero più che nella qualità dei legislatori: è la teoria dell’eguaglianza applicata alle intelligenze. Questa dottrina ferisce l’orgoglio dell’uomo nel suo ultimo rifugio, perciò la minoranza l’ammette a fatica e solo col tempo vi si abitua…

…Il suo imperio morale si basa altresì sul principio che gli interessi del maggior numero debbano prevalere su quelli dei pochi. Cosicché la maggioranza ha, negli Stati Uniti, un immenso potere di fatto e un potere d’opinione altrettanto grande. Nessun ostacolo può non dico arrestare, ma anche solo ritardare la sua marcia per ascoltare le lamentele di coloro che essa colpisce al suo passaggio…

…Considero empia e detestabile la massima secondo la quale, in fatto di governo, la maggioranza popolare ha tutti i diritti, eppure ritengo che l’origine di ogni potere risieda nella volontà della maggioranza. Né credo di cadere in una contraddizione. Esiste infatti una legge generale, creata o almeno adottata non dalla maggioranza di un popolo ma da tutti gli uomini; questa legge è la giustizia, la quale costituisce dunque il limite del diritto di ogni popolo. La nazione è come una giuria incaricata di rappresentare la società e d’applicare la giustizia che è la prima legge. Ma la giuria, che rappresenta la società, deve forse avere più forza della stessa società di cui applica la legge? Allorché io mi rifiuto d’obbedire ad una legge ingiusta, non nego alla maggioranza il diritto di comandare; dalla sovranità del popolo mi appello alla sovranità del genere umano.

Cos’è mai una maggioranza presa collettivamente, se non una persona con delle idee e più spesso degli interessi contrari a quelli di un’altra persona chiamata minoranza? Orbene, se si ammette che un individuo onnipotente possa commettere degli abusi, perché non lo si ammette anche per la maggioranza? Forse che gli uomini, riunendosi, hanno cambiato natura? Sono forse, perché più forti, più pazienti di fronte agli ostacoli? Per me, non lo credo e il potere di fare tutto, che nego ad uno solo dei miei simili, non l’accorderei mai a parecchi di loro. Per salvaguardare la libertà, non mi pare che si possa mischiare vari principi dello stesso governo, al fine di opporvi l’uno all’altro…

…Ritengo dunque opportuno che si crei un potere sociale superiore ad ogni altro, ma credo anche che la libertà sarebbe in pericolo quando questo potere non trovasse alcun ostacolo a frenarne la marcia e a dargli il tempo di moderarsi.

L’onnipotenza mi sembra di per sé cosa cattiva e pericolosa. Il suo esercizio è superiore alle possibilità umane. Solo Dio può senza pericoli essere onnipotente, perché la sua sapienza e la sua giustizia son pari alla sua forza. Ma non esiste sulla terra un’autorità siffatta o rivestita di un diritto così sacro che io possa lasciarla agire senza controlli e dominare senza ostacoli.”

Si fatica a credere ai secoli che dividono Platone da Alex de Tocqueville e che sembrano scritte oggi. In fondo parliamo sempre delle stesse cose. Sarà perché il cittadino è pur sempre lo stesso uomo e non vuole comprendere che deve interessarsi di ogni aspetto della democrazia e di ciò che da essa ne deriva, come la giustizia.

Scopo di questo articolo è tentare di dare al lettore qualche strumento metodologico e qualche riflessione per stimolare le sue difese immunitarie. Difenderlo dall’aggressione mediatica che tende ad abbattere la propria individualità, la propria coscienza e volontà critica. Ogni vostra segnalazione, opinione, critica, riguardo a ciò che abbiamo scritto sarà oltremodo gradita.

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