Italicum. Piace solo a Renzi e al pregiudicato. E così partì la defenestrazione di Letta

ROMA – Leggere per credere. Ora che ci si avvia al voto finale per l’Italicum tanti di coloro che si erano spellati le mani per la velocità con cui Renzi e Berlusconi avevano messo sui binari il treno della riforma si ricredono.

Vecchi comunisti, nostalgici, prigionieri del passato, così erano stati definiti tut coloro che avevano provato sdegno, un senso di vergogna, belvedere il pregiudicato che varcava le soglie del Nazareno. Renzi e forse ancor più di lui i renziani, accade sempre che gli allievi superino i maestri, dirigevano il coro. Sono passati pochi giorni, ormai una minoranza difende l’Italicum. Piovono critiche da tutte le parti. Perfino colui che ne è stato l’ispiratore, il professor D’Alimonte, non riconosce più il testo che Renzi e Verdini, il braccio armato dell’uomo col cagnolino, hanno messo a punto. Dice che non corrispondono al suo pensiero.

Si rimanda al Senato la battaglia sugli emendamenti

E sono in tanti a far presente che la vera battaglia si svolgerà al Senato dove il testo dovrà subire importanti cambiamenti. Sempre D’Alimonte ha fatto presente che in colloqui informali prima del varo dell’Italicum erano state prospettate alcune ipotesi al Capo dello Stato il quale aveva  richiamato la necessità che la riforma rispondesse alle indicazioni ben precise che erano dalla Corte Costituzionale. Fra parentesi diciamo che sconcertante l’accusa che viene dal “Fatto quotidiano” di una presenta ingerenza di Napolitano. Padellaro non ignora che proprio l’inquilino del Quirinale è il garante della Costituzione. E che suo “dovere” è farlo presente,sempre e con chiunque. Che non ci sia stata ingerenza alcuna lo dimostra il fatto che il capo dello Stato a domande rivoltegli dai giornalisti nel merito del dibattito che si svolge alla Camera abbia risposto ”lasciamo lavorare il Parlamento” che non può che muoversi nel solco tracciato dalla Consulta. L’Italicum non pare vada in questa direzione, come dicono giuristi e costituzionalisti. Caso clamoroso,la norma sulla parità di genere, un bluff che, nel concreto, discrimina le donne, viola due articoli della Costituzione. Berlusconi resiste perchè ha bisogno di tenere in pugno la scelta dei candidati e fa pesare come un macigno l’accordo con Renzi sulla blindatura della legge.

Il silenzio del premier sulla parità di genere

Il premier tace. Le parlamentari dei due schieramenti, più di novanta, firmano un appello per difendere la parità di genere. Le grilline si chiamano fuori. La partita che si gioca sarà determinante per il futuro dell’iter della riforma. Non si tratta solo di affermare un diritto,una conquista delle donne e degli uomini di questi paese. Si gioca l’idea stessa di democrazia, partecipata e non autoritaria come piace a Berlusconi e a Renzi. Quando i due hanno sotto scritto il patto blindato era chiaro che si sarebbe formata una diversa maggioranza a fianco,o meglio contro, quella che sorreggeva il governo Letta. Ma per rendere operativa questa scelta occorreva defenestrare il premier, un vero e proprio incomodo. Così è avvenuto. Alfano ha dovuto fare buon viso a cattiva sorte puntando tutte le sue carte sul tentativo di evitare il più possibile il ricorso ad elezioni ravvicinate. Così è stato e ora le due maggioranze vivono in pasce, d’amore e d’accordo. Perché la vera maggioranza quella fra il Pd di Renzi e Forza Italia di Berlusconi. Dicono i renziani più sfegatati che queste sono fantasie di chi non vuol riconoscere il “nuovo” che ha portato Renzi nella politica italiana e che la sua linea è stata approvata dalla stragrande maggioranza della Direzione, compreso il sì delle minoranze.

Anche fra i “renziani“ si fanno strada molti dubbi

E’ vero, noi abbiamo sempre pensato che si sia trattato di un clamoroso errore. Oggi lo dice anche uno come Boccia, che votò per Renzi segretario del Pd e poi approvo le sue scelte. Se l’Italicum non cambia a partire dalla parità di genere, è irricevibile, “non voterò a favore”. La minoranza, o meglio le minoranze del Pdche hanno approvato la proposta avanzata dal capogruppo Speranza di ritirare tutti gli emendamenti, salvo quello sulla parità, resta fortemente critica, blocco delle candidature, sbarramenti, coalizioni, piccole liste di comodo sono i punti di attacco. Si rinvia al Senato dove, si dice, è più facile, stante i rapporti di forza, far passare emendamenti che possono  cambiano la riforma. Intanto i deputati del Pd, per disciplina votano affermano alcuni, votano contro un emendamento che riguardava il conflitto di interessi. Berlusconi era pronto a far saltare il banco a conferma che è lui a  distribuire le carte, non solo per quanto riguarda l’Italicum. La questione della parità di genere è, allo stato , una cartina di tornasole per il Pd in particolare: Non solo a tutela dei diritti conquistati dalle donne, parte fondante della nostra democrazia, ma anche per il recupero pieno della autonomia del partito che non può farsi incatenare. 

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