Ustica, i mandanti della strage mancano ancora all’appello

ROMA – La strage di Ustica, avvenuta la sera del 27 giugno 1980,  è stata di sicuro – e lo diciamo a 34 anni da quel momento – una delle sciagure più terribili dell’Italia repubblicana e accanto a una buona notizia – l’Istituto della Resistenza di Bologna, intitolato a Ferruccio Parri, ha deciso di  dar corpo all’idea dell’Associazione dei parenti delle vittime della strage di Ustica – quelle che riguardano lo stato delle conoscenze su quel che avvenne ha bisogno ancora di lavoro e di iniziative per arrivare una verità credibile.

Un editore non grande, ma attivo e combattivo, come Aliberti  di Reggio Emilia ha pubblicato un libro che ho potuto già leggere di Paolo Bolognesi, Presidente dell’Associazione tra le vittime della stazione di Bologna e del giornalista Roberto Scardova (arrivato per il suo giornale sul luogo dell’esplosione pochi minuti dopo quel giorno di 34 anni fa e ancora commosso al ricordo di ciò che vide e raccontò quel giorno per conto della RAI)e che fa fare, di sicuro, importanti passi avanti nella ricostruzione di quei tragici avvenimenti. In quel volume, intitolato programmaticamente Stragi e mandanti, emerge con chiarezza quello che le ricerche finora più approfondite ormai fanno comprendere come le parole del presidente della commissione Stragi nel 1989, il repubblicano Gualtieri disse al termine dei primi dieci anni di indagini che nulla di convincente avevano prodotto. L’on. Gualtieri disse che il fallimento delle indagini compiute fino a quel momento era dovuto con ogni probabilità a “depistaggi e inquinamenti operati da soggetti ed entità molteplici.” 

A  sua volta il giudice Priore ha scritto con chiarezza  nella sua sentenza:” Il disastro di Ustica ha scatenato, non solo in Italia, processi di deviazione o comunque di inquinamento delle indagini. Gli interessi dietro l’evento e di contrasto di ogni ricerca sono stati tanti e non solo all’interno del Paese, ma specie presso istituzioni di altri Stati, da ostacolare specialmente attraverso l’occulta mento delle prove e il lancio di sempre nuove ipotesi -questo con il chiaro intento di soffocare l’inchiesta-il raggiungimento della comprensione dei fatti…Non può perciò affermarsi che l’opera di inquinamento è risultata così imponente da non lanciar dubbio sull’esistenza di un legame tra coloro che sono a conoscenza delle cause che provocarono la sciagura e i soggetti che, a vario titolo, hanno tentato di inquinare il processo e sono riusciti nell’intento per più di un trentennio.” Le indagini del giudice Priore si concludono il 31 agosto del 1999 con un’ordinanza di rinvio a giudizio e una sentenza istruttoria di proscioglimento che esclude l’esistenza di una bomba a bordo e un cedimento strutturale del DC-9 puntando su un evento esterno all’aereo.I giudizi si susseguono in Corte di Assise nel 2000, in Assise di Appello nel 2005 e in Cassazione nel 2007 con il proscioglimento dei generali dell’Aeronautica Bartolucci e Ferri con formula piena. Dopo questi giudizi occorre ancora ricordare che il 10 settembre 2011, dopo tre anni di dibattimento,una sentenza emessa dal giudice civile Paola Proto Pisani ha condannato i ministeri della Difesa e dei Trasporti al pagamento di oltre 100 milioni di euro in favore di 42 familiari delle vittime della strage di Ustica. I due Ministeri sono stati condannati per non aver fatto abbastanza per prevenire il disastro e in quanto fu ostacolato l’accertamento dei fatti.  

Infine il 28 gennaio 2013, la Corte di Cassazione ha confermato la condanna sentenziando che il DC-9 cadde non per un’esplosione interna, bensì a causa di un missile o di una collisione con un aereo militare, essendosi trovato nel mezzo di una vera e propria azione di guerra. Rispetto alle ultime vicende giudiziarie , il libro dei due autori già citati, utilizzando nuovi documenti come quelli acquisiti dall’archivio di Gladio nella settima divisione del SISMI e quelli messi insieme dal giudice bolognese Leonardo Grassi durante l’inchiesta bis sull’attentato al treno Italicus del 1974 e ancora altri presenti nell’inchiesta palermitana sulla strage di Capaci del maggio 1992 diretta all’inizio dal giudice Antonio Ingroia, giunge alla conclusione  di una formula già nota agli studiosi e anche all’opinione pubblica italiana, per cui c’è una manovalanza fascista ,la copertura dei servizi segreti, i depistaggi della loggia gelliana P2 .E ancora il coinvolgimento di vertici politici e militari degli Stati Uniti. Ancora nel libro compaiono l’ordinovista  Presilio Vettore, il colonnello Amos Spiazzi come il documento di una decina di detenuti neofascisti nel carcere di Nuovo che parla nel 1979 della “progressione rivoluzionaria” in cui si preannuncia il passaggio alla “fase dello stragismo”. Ancora del neofascista  Marco Affatigato  indicato da un informatore dei servizi segreti come uno dei passeggeri del DC-9 partito da Bologna e morto mentre trasportava una bomba. Manca ancora poco ma quel che tanti vorrebbero sapere e non sanno ancora chi furono quelli che idearono e ordinarono la strage, proprio in quel momento,in quel luogo e con quale obbiettivo politico che probabilmente ci fu e di cui ora non si parla più. Sarebbe proprio il caso di saperlo, almeno ora.        

 

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