Roma brucia e si mette na pezza, sciogliendo il X Municipio della capitale

ROMA – “Ho proposto lo scioglimento del municipio X, quello di Ostia, e il cdm ha approvato”.

Con queste parole il ministro dell’Interno Angelino Alfano pochi minuti fa ha liquidato un pezzo enorme della Capitale (solo Ostia ha quasi 300.000 abitanti) e poi ha annunciato che pur non applicando e tutto il Comune la normativa sullo scioglimento dei comuni infiltrati da associazioni mafiosi, il prefetto di Roma, Franco Gabrielli, di fatto commissarierà tutta una serie di funzioni, poteri e prerogative del Sindaco e del consiglio comunale.

Oggi, 27 agosto 2015, pur di non affrontare fino in fondo l’emergenza delle infiltrazioni mafiose (altro che infiltrazioni, a Roma è necessario parlare di sistema di potere mafioso) nella Capitale si è preferito creare un precedente che anche sul piano giuridico e amministrativo fa acqua da tutte le parti. E’ il trionfo della cultura del metterci una pezza.

Pubblico qui in basso alcuni frammenti del libro Roma Brucia che sto terminando in questi giorni e che uscirà probabilmente a fine ottobre.

Una Repubblica che ha evitato di mettere freno, per decenni, alla progressiva presa del potere da parte delle organizzazioni mafiose. Non solo a Roma, ma in tutto il Paese. Per affidare a lui, l’extraterrestre piombato speranzoso nella paciosa orgia di spartizione che ha segnato e segna la Capitale, il ruolo di utile bersaglio di ogni operazione di depistaggio dell’opinione pubblica mentre i poteri veri che si sono inghiottiti la città cercavano di mettere ‘na pezza a sto casino che ha scatenato la magistratura. La magistratura, non la mafia, non gli imprenditori corrotti, i politici a stipendio, i furbi buoni per ogni stagione.

Far finta di cambiare tutto per non cambiare nulla. Aspettando che passi la bufera. E intanto usare il comodo parafulmine del sindaco extraterrestre.

(…)

E mentre Gianni se la deve vedere, oggi, con un’accusa grossa come una montagna, quella di associazione mafiosa, Ignazio si impunta, sbaglia, accumula figuracce e rimane fermo al palo. Immobile e immobilizzato. Perché è lì, legato a guinzaglio, che lo vogliono. Primi fra tutti quelli del suo stesso partito, il PD. Comodo, Marino, anche per le opposizioni o per chi, e qui ancora il generone Gianni Alemanno e i suoi camerati di vecchia data, ha responsabilità enormi nella costruzione di questo disastro.
Ci stanno tutti a mette ‘na pezza, anche quelli onesti e in buona fede e che mai e poi mai avrebbero voluto avere a che fare con i poteri criminali che da decenni condizionano nell’ombra la vita della Capitale. Ma sempre ‘na pezza ci vanno a mettere. A Roma il metterci pezza è un’arte. È prassi. Anzi, una vera e propria cultura. Le buche che devastano le strade della città? Ci si mette ‘na pezza. La discarica di Malagrotta per cinquant’anni periodicamente a livello di saturazione prima di metterci mano e malamente? Ci si mette ‘na pezza. Il sistema di trasporto pubblico disastrato e indegno di una capitale europea? Ci si mette ‘na pezza. La città, intera anche quella all’interno delle Mura Aureliane, degradata, lurida, insicura e in disfacimento? Ci si mette ‘na pezza. La rete di distribuzione del gas che – si sta indagando anche su questo anche se lontani dai riflettori dei media – potrebbe non essere mai stata rimodernata e messa in sicurezza? Ci si mette ‘na pezza. Interi quadranti della città – non semplicemente quartieri – in mano alla criminalità comune e direttamente alle mafie? Ci si mette ‘na pezza.
Ecco, questa è stata ed è Roma. Una città moralmente e fisicamente rappezzata. Malamente. Una toppa qua, una rinfrescatina là, e poi fatevene una ragione. “Così vanno le cose, così devono andare”.

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