ROMA – Discutiamone con tranquillità. Non va dimenticato che Renzi ha licenziato Letta dopo avergli raccomandato di stare sereno. La presunta assenza di alternative politiche è l’arma con cui Renzi ha fin qui piegato le opposizioni interne ed esterne, agitando spauracchi come Salvini. Ultimo esempio le modifiche della Costituzione che sta esaminando il Senato.
Su economia e occupazione Renzi è in continuita’ con Monti e Letta, a partire dalla subalternita’ al gruppo di comando europeo a trazione tedesca e con l’approvazione dei provvedimenti elencati nella lettera Trichet-Draghi dell’estate 2011. Per questo non ci sono risultati significativi sull’occupazione e sulla ripresa. Resta la propaganda del governo perché l’austerità accettata blocca tutto.
La richiesta di una politica europea espansiva da parte di Renzi si riduce ad elemosinare dal gruppo egemonico in Europa – che ha imposto l’austerita’ all’area Euro e strangolato la Grecia – un trattamento di favore per questa condotta subalterna e per avere girato la testa di fronte all’assalto alla Grecia. Renzi spera nella concessione di qualche margine di manovra, come è stato detto nel preannunciare la legge di stabilità, comunque del tutto insufficiente a cambiare la sostanza della situazione economica e occupazionale dell’Italia. Tanto è vero che viene venduto un aumento dello 0,2 % sulle previsioni come un grande risultato del governo. Il FMI ha calcolato che, continuando così ci vorranno 20 anni all’Italia per tornare ai livelli occupazionali pre crisi. Tre decenni buttati dalla finestra, con il corredo di drammi per la vita delle persone e almeno una generazione senza prospettive di lavoro.
Per questo Renzi vuole l’accentramento dei poteri nelle mani del governo, in particolare nelle sue, attribuendo all’imprenditore un ruolo sociale centrale nel ricevere i finanziamenti pubblici e nel garantirgli mani libere sull’occupazione, togliendo ovviamente diritti e potere contrattuale ai lavoratori. In questo schema il sindacato meno è presente meglio è. La svalorizzazione del lavoro diventa così lo strumento principale per aumentare la competitività. Il paradosso è che oggi le imprese avrebbero bisogno anzitutto di un quadro di riferimento di politiche pubbliche più che di un’ulteriore compressione del lavoro.
Renzi, segretario del Pd e Presidente del Consiglio, concentra già oggi nelle sue mani un potere enorme e in futuro la legge elettorale gli servirà a decidere i parlamentari. Lo scasso del sistema costituzionale e la legge elettorale renderanno la Camera dei deputati subalterna al governo e il Senato perderà ogni reale autonomia. Inoltre il governo potrà imporre i suoi provvedimenti ben oltre quanto avviene oggi con i decreti legge a ripetizione, decidendo di fatto il calendario parlamentare.
L’architettura istituzionale che deriva dalle modifiche costituzionali, compreso il compromesso (si fa per dire) raggiunto sul Senato, che non sarà eletto dai cittadini, e dalla legge elettorale è un mostro, ma serve a garantire l’accentramento del potere nelle mani di Renzi e della sua corte, fino a intaccare il ruolo del Presidente della Repubblica. Infatti se la Camera, unico organo che darà o revocherà la fiducia al governo, verrà eletta con i nuovi criteri, dopo il 1° luglio 2016, scatterà un premio di maggioranza enorme, che nel caso di spareggio potrebbe andare al di là di ogni ragionevolezza.
Tanti episodi rivelano una concezione proprietaria nei comportamenti concreti, con principi che appaiono e scompaiono a seconda delle convenienze del momento. Ogni volta la scelta viene definita giusta, anche quando è il contrario di quella precedente, e viene imposta con protervia ed arroganza – grazie anche a organi di informazione fin troppo subalterni al governo – sia che si tratti di richieste di arresto di parlamentari che della libertà di insegnamento. L’elenco potrebbe essere lungo, ma la sostanza è questa. Perché mai si dovrebbe consentire a questo Presidente del Consiglio di arrivare al 20018 ? Così l’Italia rischia una deriva autoritaria e un’economia senza una vera ripresa.
Nell’interesse del paese e in particolare delle sue aree sociali più povere e deboli, fin qui sacrificate, è bene che questa esperienza di governo si concluda prima possibile.
Renzi getta sul tavolo il ricatto delle elezioni anticipate, arma in verità non a sua disposizione. Se gli verrà dato il tempo di farlo costruirà un sistema istituzionale e di potere personale senza precedenti, modificando i meccanismi istituzionali e occupando tutte le caselle di potere possibili, come ha fatto con la Rai, tanto che finisce con il sottovalutare che le elezioni potrebbe anche perderle, regalando ad altri un potere immenso.
Del resto già oggi i senatori si misurano sulle modifiche costituzionali, di nuovo sotto il ricatto del voto anticipato.
Eppure votare contro il governo si può e non è detto che non sia possibile un’alternativa già in questa legislatura.
Anche la discussione a sinistra deve tenerne conto. Ormai la crisi di governo è non solo auspicabile, ma va provocata con tutti i mezzi a disposizione, prima che si chiuda il cerchio a favore di chi ha intenzione di imporre una svolta autoritaria, dando un colpo mortale a diritti sanciti nella nostra Costituzione.
Se parte del gruppo dirigente del Pd non se ne rende conto è un serio problema, ma l’unico modo per risolverlo è costringerla ad affrontarlo. L’idea che Renzi non ha alternative è una sciocchezza. Ce ne sono e alcune rispondono al criterio di superare gli errori di questo periodo. Non è impossibile ricostruire intorno ad alcune figure di qualità una seria alleanza di centro sinistra, almeno per il tempo necessario ad affrontare questa fase, con l’obiettivo di trovare una soluzione di prospettiva in vista delle elezioni.
Una nuova forza politica di sinistra non può che essere costruita nel vivo dello scontro politico e della costruzione di una situazione nuova, alternativa al potere renziano. Una forza di sinistra non può che sfidare il governo in campo aperto, anche con scelte referendarie visto che forse non c’è altro modo per rimettere in discussione decisioni come la scuola, il jobs act, le trivellazioni senza regole, la legge elettorale e fermare lo stravolgimento della Costituzione. Non è detto che ci si riesca ma vale la pena di provarci. Ci sono scelte fondanti che caratterizzano una forza politica, tanto più se ancora in cantiere. E’ nel vivo dello scontro che si formano e si amalgamano gruppi dirigenti, si coinvolgono energie nuove, altrimenti lontane dall’impegno politico.
Se Renzi arriverà al 2018 e riuscirà così a chiudere il cerchio di potere che sta cercando di costruire per obbligare la società a subire le sue scelte, potrebbe, paradossalmente, creare le condizioni per un’ alternativa di destra veramente preoccupante. Il tempo è adesso. Il governo Renzi ha già reso evidente quanto è pericoloso per il paese e per il Pd stesso, che rischia di seguire il suo destino. Fermare lo scasso della Costituzione e rimettere in discussione leggi approvate per via referendaria può essere una via per riaprire una prospettiva. Una via impervia ma possibile, a certe condizioni.
Un altro asse decisivo della novità politica da costruire è la battaglia in Europa per mettere in discussione il blocco di pensiero e di potere oggi dominante, compresa la banalità che l’austerità è l’unica politica possibile. L’Europa è in crisi e il dramam dei migranti lo ha messo in luce. Un’alternativa è possibile ma a condizione di rimettere in discussione i trattati che da Mahastricht in poi ingessano le politiche europee e stabilendo rapporti con energie nuove in Europa, sviluppando iniziative fondate sulla solidarietà e sull’uguaglianza. Esattamente il contrario di quanto Renzi, in verità non da solo, ha fatto con la Grecia. Proviamo a ripartire.