L’insediamento mafioso nel ponente ligure

ROMA – E’ durato un quarantennio il processo di insediamento delle associazioni mafiose meridionali nell’estremo Ponente ligure, dai primi anni cinquanta in cui ex contadini e reduci dell’ultima guerra mondiali lasciarono le regioni meridionali, la Calabria, la Sicilia, la Puglia e la Campania ma anche, se in misura minore,  la Basilicata  e le famiglie Marcianò , Mafodda e Pellegrino arrivarono a Bordighera e a Ventimiglia.

La ragione di fondo che portò quei giovani ad arrivare nella zona furono la ricerca di un’attività da svolgere e l’opportunità di trovarla in quelle regioni in cui stavano aprendo possibilità interessanti dal punto di vista economico e turistico.  La presenza del casinò a San Remo aveva costituito un elemento di attrazione che non poteva essere sottovalutato.

All’inizio degli anni Ottanta, lo scandalo scoppiato intorno al politico ligure Teardo e i processi che ne seguono fa capire meglio all’opinione pubblica che cosa si intende per impresa mafiosa e i primi comuni liguri incominciano a incorrere per la prima volta in provvedimenti ministeriali di scioglimento.  Al vertice dell’organizzazione erano indicati per la ndranghe calabrese personaggi come Ernesto Morabito, Francesco Marcianò e Antonio Palamara. Si ricostruivano i legami con clan calabresi dei Piromalli di Gioia Tauro,dei Morabito- Bruzzaniti di Africo e dei Pesce di Rosarno. Si delineava inoltre l’ascesa criminale di Domenico Carlino, designato a ricoprire una posizione di vertice all’interno del gruppo dei ventimigliesi prima della sua prematura scomparsa. La tesi accusatoria peraltro non fu accolta e non si riuscì a dimostrare l’esistenza di una realtà  associativa unitaria. Gli esponenti mafiosi e i diversi gruppi coinvolti furono condannati per i singoli reati e non come membri di un’unica organizzazione mafiosa. Solo nei confronti del clan Mafodda il tribunale riconobbe gli estremi della condotta dell’art- 416 bis del Codice Penale.  Si è dovuto aspettare il primo decennio dopo il Duemila per arrivare da parte delle istituzioni  a rendersi conto del punto a cui era arrivato nel Ponente Ligure a Bordighera come a Ventimiglia l’insediamento criminale mafioso.

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