Mentre esplode la rivolta studentesca, Berlusconi militarizza le città italiane

ROMA – Oggi, nel centro storico di Roma, in una zona assai vasta che parte da piazza Montecitorio, sede della Camera dei deputati, il governo Berlusconi ha militarizzato gli accessi, non consentendo a turisti e cittadini qualsiasi di poter accedere ai passaggi, alle piazze, ai negozi. La galleria Alberto Sordi, cuore commerciale romano, è stata chiusa d’autorità. Soltanto i giornalisti, esibendo il tesserino professionale, potevano avvicinarsi ai gangli vitali di un potere morente. “Non ho mai visto una cosa simile nella mia vita di giornalista a Roma” ha detto in diretta tv Iman Sabbah, giornalista palestinese di Rainews 24. Il segretario del Pd Pierluigi Bersani si è chiesto: “Se la preoccupazione è così alta da militarizzare la città, ma non potevano spendere qualche ora per aprire un confronto invece di portare la tensione a un livello così alto”? Qualcosa del genere è accaduto anche a Torino, Milano, Bologna, Padova, Napoli, Bari, Palermo. Insomma, in tutta Italia.

Le immagini degli studenti che hanno cercato in tutti i modi di penetrare nei labirinti del potere politico romano e quelle di polizia e carabinieri che hanno stretto un vero e proprio assedio alla vita dei romani, con un’ampia area urbana praticamente bloccata fino a tarda sera, fotografano meglio di qualsiasi altra cosa il dispotismo di un governo giunto allo stremo, che non ha più nessuna maggioranza parlamentare e nel Paese e che cerca di imporre con sempre minore forza una riforma universitaria che, fino a questo momento, piace soltanto alle Conferenze dei rettori, quindi a quei baronati che la propaganda berlusconiana dice di voler, proprio con questa legge, combattere.

La rivolta degli studenti per una finta riforma

Come nella Cina di fine anni Novanta, è in atto in Italia una vera e propria rivolta degli studenti contro la legge Gelmini di riforma dell’Università che, dopo la scientifica distruzione dell’istruzione pubblica (con tagli ai finanziamenti pari a 8 miliardi complessivi), ora si prefigge di rivolgere le sue mortali attenzioni anche alla ricerca e all’istruzione di ultimo livello. Il leader dell’Italia dei valori Antonio Di Pietro ha denunciato che “la ‘dama salva-baroni’, con un subemendamento ha stravolto la proposta dell’Italia dei valori di eliminare le parentele e i nepotismi all’interno delle università. Un subemendamento fatto apposta per salvaguardare i baroni”.

La cosiddetta “riforma” dell’Università, secondo Pierferdinando Casini, è soltanto “un catalogo di buone intenzioni. C’è un giusto principio di meritocrazia ma solo con i principi non si va lontano, perché mancano le risorse” ed ha annunciato il voto contrario del suo partito. “Quella non è una riforma positiva dell’università” dichiara il segretario generale della Cgil Susanna Camusso, parlando oggi alla Boccini ed aggiunge:  – “Si tratta di una modalità che rafforza, con buona pace della ministra, la logica precaria rispetto ai ricercatori e baronale dal punto di vista della conduzione. Siccome avremmo invece tutti bisogno di qualificare e rifinanziare il nostro sistema dell’istruzione, forse è meglio non fare quella legge e aprire una discussione vera”. Intanto oggi il Governo è stato ancora battuto su due emendamenti, passati con i voti dei finiani e delle opposizioni.

La deriva di una militarizzazione del dissenso

Nel 2007, l’attuale maggioranza (allora opposizione), con il futuro presidente del Senato Renato Schifani, rimarcò come la protesta di qualche centinaia di persone (inviate ed organizzate da Forza Italia) a Bologna contro Romano Prodi dimostrava lo scollamento del governo dal Paese reale. Oggi come dovremmo interpretare la rivolta studentesca in atto? Si tratta forse di qualcosa di più delle minimizzazioni indecenti (“andate a studiare!”, “manifestazioni strumentali”, “gli studenti manifestano a favore dei baroni”) della stampa berlusconiana e del megafono umano Capezzone. Forse si tratta della riproduzione fedele di un Paese allo stremo dopo i quasi dieci anni di potere berlusconiano. “Da settimane ricercatori, studenti e professori protestano contro una riforma dell’università che nei fatti distrugge quella pubblica di tutti e favorisce quella privata di pochi” scrive oggi sulla sua pagina di facebook l’europarlamentare Luigi De Magistris, che aggiunge: “L’estremismo è quello del governo, che sta aggredendo la democrazia fondata sul diritto all’istruzione e che sta cercando, irresponsabilmente, di militarizzare gli spazi del dissenso, gestendo l’ordine pubblico in modo rischioso. Speriamo che il ministro Maroni dimostri un minimo senso di saggezza e non si senta, come accaduto diverse volte in passato, la reincarnazione di Scelba”.

Perché il pericolo, a prescindere da una riforma universitaria senza risorse, è proprio quello denunciato da De Magistris e che l’immagine odierna della Capitale ha mostrato a chi ha occhi per vedere: il golpe strisciante, l’uso della forza come a Genova nel 2001, la ricerca dello scontro e dell’estremizzazione teorizzata da Cossiga dei cortei per ferirli al proprio interno. In una parola, l’uso della violenza nel momento di massima crisi parlamentare di una destra berlusconiana che sta diventando sempre più pericolosa.

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