ROMA – L’Italia si scopre animalista, tanto che c’era stata anche qualche bell’anima del Pdl che aveva proposto di far pagare una tassa ai possessori di cani e gatti per combattere il randagismo. Come se di tasse se ne pagassero poche. Monti si era arrabbiato e non se ne era fatto niente.
Per quanto riguarda le trote basta rivolgersi alla Lega che ne ha favorito la coltivazione. L’amore per gli animali, i volatili, si è trasferito anche in uno stato vicino, quello del Vaticano, dove i corvi svolazzano nelle sontuose stanze in cui abitano cardinali, alto clero, collaboratori, banchieri e cose simili. Corvi e talpe che si muovono nei sotterranei, nel sottobosco, scavano, trovano, portano alla luce. Se il Vaticano è pieno di corvi lo Stato vicino, che siamo noi, il Bel Paese, una volta, è piana di talpe, sono annidate in tutti i luoghi che contano, parlano, sparlano e soprattutto scavano. Ce ne sono tante nei palazzi che contano e sempre più spesso mettono la testa fuori. Poi ci sono i catricalà, da non confondere con i cincillà, graziosi animali che vengono allevati per consentire alle signore di poter sfoggiare una splendida pelliccia, la loro pelle.
Razza particolare di animali alligna a Palazzo Chigi
I catricalà sono un razza particolare che alligna a Palazzo Chigi e hanno preso il posto di un altro grande “servitore” dello Stato, Gianni Letta, sfrattato quando Monti ha preso il posto del vecchio inquilino, il cavalier Slvio Berlusconi. L’ex presidente aveva accusato il colpo, avrebbe voluto che Letta continuasse a fare il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, braccio destro del nuovo presidente e insieme controllore per conto del Cav. Non ce l’aveva fatta e allora aveva ripiegato sul catricalà, un giurista di prim’ordine. Monti fece buon viso a cattiva sorte, ma, crediamo, con il suo primo collaboratore, braccio destro, forse non ha mai preso insieme un caffè, non ha mai fatto una riunione. Non si à mai fatto accompagnare da lui nelle numerose visite al Presidente della Repubblica coma faceva invece Berlusconi sempre con Gianni Letta. Il catricalà si muoveva per suo conto. Interviste, dichiarazioni, avevano fatto rabbuiare Mario Monti. Era stato lui e comunicare la fiducia del premier nei confronti del prefetto Pecorare e, di fatto, a dare l’annuncio che Monti era d’accordo con la scelta di Corcolle, a due passi da Villa Adriana, patrimonio dell’Unesco. Una scelta contro la quale erano scesi in campo tutti,a partire dalla popolazione delle zone, salvo il presidente della Regione Polverini. La notizia aveva provocato nuove,proteste, il prefetto si era dimesso, diciamo dimissionato d’ufficio, e il premier aveva annunciato che la soluzione Corcolle non s’era più. Passa qualche giorno ed arriva la notizia che il governo aveva in animo di “riformare” il Consiglio superiore della Magistratura, in particolare gli organismi di disciplina, stravolgendone la composizione che prevede la maggioranza di togati per Costituzione. Addirittura il progetto era stato inviato alla Corte dei Conti, al Consiglio di Stato, al Csm perché esprimessero un Paese. Era subito bufera. Monti interveniva.. Non aveva mai dato l’ok a questa iniziativa, la riteneva inopportuna, richiamava il giudizio negativo espresso dal ministro competente. Non bastava. Anche noi chiedevamo, come Repubblica che aveva diffuso la notizia, di dire chi era la “ manina” che aveva scritto e inviato il progetto.
Coro rumoroso di berlusconiani pro sottosegretario “manina”
Una “talpa” faceva sapere che la “manina” era il sottosegretario catricalà. Monti si arrabbiava, richiamava il suo” braccio destro”, se avesse potuto gli avrebbe dato un ceffone con il braccio sinistro. “ La “ manina “ si scusava, diceva che aveva sbagliato perché, testuale, “ Non ho precisato agli uffici di espungere la norma sul Csm che, per mio errore, è stata quindi allegata. Pensate un po’, se veniva “espunta” tutto andava bene. L’autocritica era il minimo richiesto da Monti per non dimissionarlo, anche perché il coro berlusconiano a favore del catricalà si faceva sempre più rumoroso. Ma restano tutti gli interrogativi: chi ha deciso , chi ha commissionato il progetto, quali ragioni hanno spinto il sottosegretario a muoversi senza il consenso del premier e del ministro della Giustizia. Non basta che Monti, come diceva una delle tante filastrocche del Corrierino dei piccoli “ alla prima che mi fai ti licenzio e te ne vai”,abbia preso atto delle scuse . Non è un belvedere quando i “padrini”,scendono in campo e come un sol uomo fanno muro. Già i padrini.