Il mistero della porta accanto. Una solitudine sospetta

ROMA – E’ arrivata una nuova inquilina nell’ appartamento accanto al mio. Ho capito che si trattava di una donna dal profumo nuovo lasciato nell’ascensore. Conosco tutte le altre essenze da anni e gli abbinamenti con cognomi, piano, interno e stagioni. Qualcuno alterna la marca quando arriva il freddo, poi il caldo, ma in fondo sono sempre le stesse. Non l’ho mai vista fino ad ora questa donna e man mano che passano i giorni traccio il suo ritratto.

In quel nuovo profumo c’è qualcosa di stonato ma non so se è dovuto al ph troppo acido della sua pelle che sovrasta il muschio e la rosa, oppure all’incompatibilità delle spezie con quella punta di mughetto che non c’entra niente. Vive sola. Parla ad alta voce. Questo all’ inizio mi ha confusa e fatto pensare che fossero due le nuove inquiline. La prima parola che le ho sentito dire è stato “cazzo”, quando ha sbattuto la porta dopo aver trascinato l’ultima scatola di cartone nel suo soggiorno. Il suo profumo e la voce si somigliano, mi evocano qualcosa color seppia, sgualcito, instabile. Non so se parla al telefono quando inizia i suoi lunghi monologhi però si sposta; sento il rumore dei tacchi delle sue pantofole sul parquet, pantofoline che immagino di raso con frivole decorazioni di cigno consumate che si allontanano, poi si avvicinano alla parete che dovrebbe separare le nostre vite private.

“Quel piccolo maiale – schifoso – figlio di puttana – non ci posso credere – tutti i soldi che mi è costato- ma come ho fatto a fidarmi – e ora come faccio-dio-dio dio – non posso vivere senza di lui…Eddy, perchè mi hai fatto questo!” Dal altra parte del muro, ora, arrivano singhiozzi, suoni gutturali, soffocamenti, gemiti sospetti tanto che penso al rito di un rapporto sado-maso o chissà quale incontro proibito, ma poi mi preoccupo perchè la signora emette suoni disumani e forse si sta compiendo un omicidio e afferro il cellulare pronta a comporre il numero; pompieri, polizia, ambulanza? Silenzio.

Ora sento che si soffia il naso. Adesso canticchia. Emette note che sembrano quelle che i cacciatori imitano per ingannare le loro prede piumate. A quel punto la sua voce cambia colore, si fa più fonda, più inquietante: sembra pregare” dio-dio-dio-aiutami- non posso farcela da sola- senza di lui- era tutta la mia vita- aiuto- amore torna- torna da me… è troppo brutto questo silenzio- questa vita senza te”. Sussurra qualcosa con la voce nuovamente rotta dal pianto.

Sono in pena per lei. La immagino avvolta in una vaporosa vestaglia di mussola, gli occhi chiari ancor più sbiaditi dal pianto che si contorce le mani dalle dita lunghe e le unghie dipinte di nero: “Cheri” di Colette, in abiti moderni ma non troppo. Ma ecco Eddy, il mascalzone, il traditore, il gigolò entrato dalla mia finestra aperta e cadermi in braccio nel tumultuoso svolazzare di piume multicolori. EEDDDY -MAMMMMAAAAA!  Mi precipito suo pianerottolo con la bestiola in braccio e suono alla porta della mia vicina.

Mi apre un ragazzone muscoloso in canottiera dal petto villoso con in testa dei grossi bigodini rosa, una maschera verde pennellata  sul viso e delle labbra dipinte color rosso sangue. Mi guarda incredulo mentre il suo Eddy  prende a beccare  i bigodini  e a lui scendono due grandi lacrime sulla crema verde. Mi chiamo Lulù – mi dice – tendendomi la mano robusta e pelosa, grazie, sei stata un ” ammmorrre ”  a riportarmelo. La voce, non ci sono dubbi è quella della signora avvolta nella vestaglia color cipria.

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