Adunata dei servi: Ferrara fa la festa a Berlusconi

ROMA – Al termine della mattinata politica romana si è concluso il primo vero processo politico al Cavaliere, in arte titolato “adunata dei servi del Cav.”, momento di dibattito organizzato da Giuliano Ferrara al teatro Capranica.

Presenti fra gli altri invitati i manager degli house-organ del centrodestra: Sallusti per il Giornale, Belpietro per Libero, Mario Sechi direttore del Tempo e il ritrapiantato Vittorio Feltri  -questa volta in veste di editorialista- al giornale di Paolo Berlusconi. La platea è piena, sul telone bianco dietro al palco si staglia un mezzobusto di Berlusconi in fotografia, che sembra guardare -simil Grande Fratello- i suoi adepti sputtanarlo. Ferrara stamattina lo scriveva dall’account Twitter del Foglio: “alle 10 facciamo la festa al Cav…”, non più tardi a passi pesanti aprirà le danze funeree del bunga bunga degli amici di Silvio: “siamo qui riuniti per reagire al disastro. Non possiamo far finta che non sia succeso nulla. Siamo arrivati male alla sconfitta”, un po’ poetico: “La stella di Berlusconi brilla solo per una minoranza”, e ancora “non può solo fare l’espugnatore di procure. Deve fare il presidente del Consiglio”.

 

La sottosegretaria Santanché, anche lei fra i “servi”, è intervenuta all'”adunata di quelli che hanno rovinato Berlusconi”, come è stata definita da alcuni la “Ferrarata” romana dell’elefantino. Dal canto suo madame finesse ha esordito con un “non fingiamo di non avere perso”, e poi “perdiamo perché Berlusconi non comanda più. -aggiungendo- Deve tornare a comandare di più”.
Comica l’on. Mussolini ha invece sbeffegiato Lettieri paragonandolo a un “agente Tecnocasa”, e poi il confronto con l’altro ex-candidato sindaco: “è uno bello ‘uaglione De Magistris”, così sulla disfatta “assurda” di Napoli dopo un “ventennio di sinistra”. Mussolini ha chiesto anche maggiore democrazia all’interno del Pdl, lamentando la scelta, imposta da quei “quattro”-i soliti noti-, di Alfano a segretario del partito.

 

Il neoministro per la cultura Galan è comparso, meno poetico e lecchino del suo predecessore: “Non abbiamo mantenuto le promesse ecco perché abbiamo perso” -per poi aggiungere- “ma dove lo troviamo un pazzo che si candida contro Berlusconi”. E ancora: “non abbiamo abbassato le tasse, abbiamo fallito la ricvoluzione liberale”.
La giovane ministro Giorgia Meloni: “più che Berlusconi dobbiamo mettere in discussione tutto il resto”.
Pressoché unanime da parte degli intervenuti il gradimento per le primarie, a favore si schierano: Mussolini, Meloni, Galan, Sechi, ancora indecisa l’on. Santanché. Belpietro ha invece detto che Berlusconi teme le primarie poiché sa che sono la certificazione della ricerca del suo successore, commentando peraltro dubbioso su Angelino Alfano, la cui nomina a segretario è stato “un modo per perdere tempo, non per risolvere il problema”. Il direttore di Libero, lapidario oltre che di nome, ha poi infierito sul tema processi: “Berlusconi ha fallito sul fronte della giustizia”, per poi concludere lanciando un’altro sasso “Berlusconi smetta di parlarci dei problemi senza darci soluzioni. Lo faccia per il Paese, o il centrodestra muore”.

 

Dal palco sono intervenuti anche alcuni giornalisti dichiarati dell’opposizione, Ritanna Armeni, Piero Sansonetti, ma anche Rita Terragni, attivista di sinistra.
Sansonetti, pur avendo espressamente richiesto i fischi dalla platea, ha tessuto un elogio berlusconiano di tutto rispetto, lodando addirittura il garantismo pidiellino e non mancando apprezzamenti per Silvio: creatore della nuova destra italiana dopo il fascismo, inventore a sua volta dell’antiberlusconismo, categoria poi rozzamente da lui mutata in comunismo. Il giornalista per Berlusconi ha infine servito il piatto goloso del presidenzialismo di stampo francese o americano, auspicando quindi dopo l’abolizione della legge porcellum: “ritorno al proporzionale e una repubblica presidenziale”.

 

Pièce teatrale perciò al limite fra vertice reazionario dei dissidenti del Pdl  e processo all’imperatore. E i servi sono parsi i figli che parlano male del padre in sua assenza. Sallusti, durante il dibattito, tenta ancora di ribaltare la frittata: “Ferrara sta mettendo in scena un regicidio, vuole trasferire al popolo i poteri del re Berlusconi”. Zio Fester ha bacchettato i traditori anche così: “non si può riformare il Pdl: deve essere un partito al servizio di Berlusconi, ogni altra forma è perdente”. Ha suggerito anche in perfetto stile fascista che “quando il partito si mette al servizio delle intuizioni di Berlusconi si vince.” Chiude Vittorio Feltri auspicando pure una reazione, discorso breve prima del pranzo: immunità parlamentare a manetta “per non lasciare il paese nelle mani dei giudici” e la piazzata: “se l’avversario è Bersani e noi nel 2013 perdiamo le elezioni, mi sparo”.
Erano gli smutandati del teatro del Verme di Milano… anche se per questa occasione Ferrara avrebbe invece dei mutandoni voluto “il lutto al braccio”, stavolta insomma alla Capra-nica di Roma si è mangiato la foglia amara della sconfitta delle amministrative, berlusconiani sì, ma perspicaci.

 

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