Severino. I detenuti utilizzati per ricostruire i luoghi del terremoto


BOLOGNA – I detenuti non pericolosi che sono nelle carceri dell’Emilia Romagna, potrebbero essere utilizzati per la ricostruzione dei luoghi terremotati.

Lo dice il ministro della Giustizia, Severino. “Momenti come questi potrebbero vedere anche parte dei detenuti tra i protagonisti di un’esemplare ripresa”.Poi: “Si sentirebbero utili e ciò insegnerebbe alla cittadinanza a pensare che un detenuto non è un peso”. In visita al carcere della Dozza di Bologna, Severino comunica due provvedimenti d’emergenza: lo spostamento di “350 detenuti nelle carceri di altre regioni e un rinforzo alla polizia penitenziaria dell’Emilia. Celle aperte nelle zone del sisma.

La proposta della Severino sembra aver già trovato consensi nel mondo politico, Lega esclusa. Infatti Roberto Calderoli, coordinatore delle Segreterie Nazionali della Lega Nord e componente del Comitato Esecutivo Federale dei triumviri, rilancia: “Al posto che aprire le porte delle galere, come suggerisce il ministro Severino, con il rischio di far uscire anche persone pericolose, facciamo invece tornare dalle varie missioni all’estero le migliaia di nostri soldati dislocati in giro per il mondo – e con essi i mezzi annessi al loro seguito incluso il genio militare – e impegniamoli nella ricostruzione delle zone dell’Emilia colpite da questo terribile sisma».

 

Nel frattempo il Tribunale di sorveglianza dell’Emilia-Romagna approva la proposta del ministro della Giustizia, Paola Severino. Lo dice direttamente al ministro il presidente del Tribunale, Francesco Maisto, questa mattina presente alla conferenza stampa di Severino alla Dozza. «Siamo sensibili sulla questione del coinvolgimento dei detenuti al lavoro. Io credo che assicurando alcune condizioni fondamentali come il lavoro a squadra, si possa fare molto. Le possiamo garantire tutto il lavoro della magistratura di sorveglianza», dice Maisto, ricordando che già nei giorni scorsi la direttrice del carcere di Modena aveva preso contatti con la Protezione civile per far partire un progetto di questo tipo, poi non portato a termine per via delle nuove scosse. I vincoli necessari per far lavorare i detenuti nella ricostruzione, spiega Maisto, sono il «lavoro a squadra e le necessarie autorizzazioni della magistratura».

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