Bagnasco: c’è solo da pagare. Se la Chiesa paga le tasse gli italiani risparmiano una manovra all’anno

ROMA – Il Cardinal Bagnasco, durante la conferenza episcopale italiana, in merito al pagamento dell’Ici per gli immobili della Chiesa dichiara: “Se ci sono punti della legge da rivedere o da discutere, non ci sono pregiudiziali da parte nostra”.

Punti da rivedere o da discutere?
Gli italiani sono chiamati a pagare il ritorno dell’Ici-Imu senza discutere.
A memoria storica, governo dopo governo è stato garantito l’esonero per la tassa sul patrimonio immobiliare della Chiesa garantito perchè, come diceva Andreotti ”i preti votano” … e fanno votare. Ha spiegato il cardinale: “il concordato prevede un particolare riconoscimento del valore sociale delle attività degli enti no profit, tra cui la Chiesa cattolica.” Il “particolare riconosciuto” non è l’unico.  Grazie a Craxi e Casaroli, è stato garantito ai parroci un salario. L’otto per mille è l’affare migliore che la Chiesa abbia mai fatto. Riveduto da Tremonti, l’8 per mille destinato alla Chiesa,  calcola i dividendi, sommando le preferenze espresse e non espresse, della dichiarazione dei redditi.  L’importo dell’8 per mille risulta un miliardo e 67 milioni di euro che, nel 2011 è lievitato a 118 milioni, 677mila 543 euro e 49 centesimi. L’assegno è incassato ogni anno durante la Conferenza episcopale. Di questa cifra solo 10,541 è girato ai preti. Il resto rimane nella casse vaticane.

Nei particolari riconoscimenti si aggiunge: i pass che il Comune di Roma ha concesso alle auto della Santa Sede. Il canone Rai speciale per tutti gli apparecchi degli istituti religiosi. Bollette dell’acqua. Lo Stato italiano recentemente si è fatto carico, di arretrati per oltre 50 milioni di euro, costo poi  accollato al contribuente. La Chiesa ha l’esenzione Iva sul gas metano. Le 998 Opere pie e società di mutuo soccorso beneficiano della riduzione dell’aliquota Ires. Un risparmio quantificato in 12 milioni e 929 mila euro, più 6 milioni e 899 euro economizzati per gli ospedali di “gestione” ecclesiastica. 9 milioni, 781 mila 901 euro e 78 centesimi è il contributo editoriale incassato nel 2006 dai giornali della Chiesa di cui “Avvenire”, “Famiglia Cristiana”, “Il Giornalino” e “La voce isontina” “L’Aurora della Lomellina” “L’Appennino Camerte”e “Porziuncola Assisi”. Escluse le prime due testate, le restanti sono di tiratura “paesana”.

I lingotti d’oro della Santa Chiesa
Nel 2008 in piena crisi finanziaria, un tablet britannico annuncia che il Vaticano è seduto sopra una “roccia d’oro”. Infatti già dal 2007 la Santa sede, dopo attento esame di esperti finanziari, ha messo in sicurezza i propri capitali dalla crisi dei mutui che ancora oggi sta flagellando l’economia mondiale, convertendo i propri investimenti azionari in lingotti d’oro. Secondo la fonte già nel 2008 possedeva una tonnellata di oro di valore presunto di 19 milioni di Euro più 340 milioni di Euro in valuta e 520 milioni di Euro di obbligazione e azioni. Per questo, precisa la fonte britannica, la Santa sede non risentirà della crisi. Oggi sappiamo che la Chiesa, in Italia, è leader in quattro settori economici: immobiliare, turismo, sanità ed educazione privata.

Se la Chiesa pagasse le tasse, gli italiani si risparmierebbero una manovra all’anno

Ogni risparmio/agevolazione della Chiesa è stato ed è un onere pesante per i contribuenti e lo Stato italiano. Nessun paese estero paga così tanto per la fede. Considerata la gravità in cui si trova il paese oggi, e tenuto conto delle buone casse/entrate del Vaticano, non c’è molto da discutere, è indispensabile sgravare il paese da privilegi ingiusti e scorrettezze più o meno nascoste. Diceva recentemente Monsignor Francesco Cosmo Ruppi, Pastore attento alle esigenze sociali:  “occorre che tutti davvero paghino le tasse secondo il loro reddito e possibilità, iniziando da chi guadagna di più”.

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