Milano fra ballottaggio e ministeri

ROMA – Mancava  poco meno di una settimana alla fine della campagna elettorale per i ballottaggi quando arriva la proposta che non ti aspetti, ad annunciarla è il Ministro delle Riforme, Umberto Bossi, e non disaprovvata dal Presidente del Consiglio, Berlusconi.

Via i ministeri da Roma. Umberto Bossi da Varese annuncia la sorpresa che sarebbe dovuta essere svelata ai Lumbard assieme a Berlusconi subito dopo i ballotaggi, ma, in una Milano che vede la Moratti in svantaggio rispetto a Pisapia, Bossi ha deciso di rompere il ghiaccio e di vuotare il sacco: «Porteremo due ministeri a Milano. Doveva arrivare la Lega perché questo sogno si realizzasse», e forse è il momento giusto.
Semplice campagna elettorale, per un non nascosto timore della Lega di perdere un baluardo come Milano, fondamentale nelle strategie del Carroccio?  o dietro la proposta, si nasconde l’allarme di una prossima caduta della maggioranza?

Se nel primo caso potremo pensare ad un gioco politico ben complesso dove da una parte ci sarebbe la necessita di sconfiggere Piasapia e dall’altra la volontà della Lega di continuare a tenere le redini della maggioranza in Parlmanto, dimostrando ancora una volta che il Governo – Berlusconi in primis– necessita della Lega.
Nel secondo caso gli scenari sarebbero ben più semplici, caduta del Governo e quindi elezioni anticipate.
Ma fermiamoci al primo caso:
Volendo, potremo pensare ad una amissione di colpa, dello stesso Bossi, per lo scarso impegno della Lega durante la campagna elettorale milanese; ora, quindi, la volontà di garantire per i prossimi giorni l’impegno in prima persona per sostenere la Moratti.

Di fatto, l’eventualità che il centrodestra ceda lo scettro a Pisapia risulta più di un timore, un vero pericolo – e qundi una disfatta, la prima, per il Governo -, per questo il Ministro delle Riforme, ammonisce i milanesi: «Se vincesse Pisapia trasformerà Milano in una zingaropoli. Vuole aumentare i campi rom e costruire la moschea musulmana più grande d’Europa. La Lega non può permettersi di lasciare andare Milano a scatafascio». Ed ancora: «Il progetto di spostare alcuni ministeri fuori da Roma lo hanno fatto in Inghilterra e non è morto nessuno, anzi è venuta un pò di democrazia in più». Poi l’apertura: «Faremo una battaglia per portare democraticamente dei ministeri dappertutto, dal Sud al Nord».
Intanto il ministro Calderoli ha dimostrato determinazione nel perseguire lo scopo della delocalizzazione dei ministeri tanto che, proprio in occasione dello scorso Natale inviò un biglietto d’auguri ai suoi fedelissimi dove dislocava i vari ministeri in tutta Italia. Il tutto corredato da un invito quanto mai singolare: «Caro Gesù Bambino, per Natale vorrei in regalo l’approvazione del federalismo fiscale e per l’anno nuovo vorrei vedere tanti ministeri in Padania».
Eppure sull’idea di trasferire alcuni ministeri in Padania (e uno forse a Napoli) è scoppiata la polemica e a farsi sentire sono stati, in prima battuta il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, e a seguire la governatrice del Lazio, Renata Polverini.

«Balle fatte per speculazione elettorale» è stato il duro commento del primo cittadino della Capitale assicurando che sul punto il Pdl è d’accordo con lui: «Possono fare tutti gli annunci e i lanci che vogliono ma – ha sottolineato – Roma è Capitale, secondo Costituzione, e i ministeri e tutte le agenzie che hanno sede a Roma non si spostano e non si possono spostare».
Critiche alle quali si è unita anche la Polverini che ha parlato di «proposta insensata». “La Lega – ha detto – insiste su un falso problema. Capisca piuttosto che in questo momento, anche alla luce dei risultati elettorali, non serve ed è solo dannosa questa politica di divisione del Paese».
Secondo Pier Ferdinando Casini, leader dell’Udc, “sventolare due ministeri a Milano a una settimana dal voto è un sintomo  impressionante di mancanza di serietà. Alemanno, giustamente, le ha definite ‘soltanto balle’ e mi verrebbe da dire: “per fortuna”, se non fosse che l’Italia sta finendo nel ridicolo”.
Ironica la presidente del Pd, Rosy Bindi: Che “i ministeri entrino in questo modo nella campagna elettorale” è la prova che il premier è “ridotto come Totò a vendere Fontana di Trevi pur di tenere in piedi una maggioranza agonizzante”.

Cosa ancora più singolare è che non solo l’opposizione si è schierata contro l’ipotesi di far traslocare i ministeri, am anche molti esponenti del Pdl.
I capigruppo Pdl di Camera e Senato, Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri, affossano di fatto la proposta Berlusconi/Lega sul decentramento dei ministeri a Milano: “Il rapporto fra l’attività di governo e il territorio può essere affrontato in modo positivo con conferenze periodiche fatte a Milano e a Roma fra i ministri economici e delle Infrastrutture con i presidenti di Regione e i sindaci dei Comuni capoluogo. In questo modo si possono evitare i complessi problemi istituzionali che il decentramento di alcuni ministeri può porre e invece affrontare positivamente quello del rapporto fra i ministeri stessi e le realtà territoriali”.
E il secondo sostanziale “no” viene dal presidente della regione Lombardia, Roberto Formigoni: “Spostare uno o due Ministeri al Nord qualche vantaggio lo porterebbe. Ma mi sembra molto complesso da realizzare. E poi non è la richiesta più pressante dei nostri imprenditori e dei nostri ceti produttivi”.

Il presidente della Regione Lombardia ha replicato a Umberto Bossi che lo aveva invitato a tacere sull’annunciato trasferimento di alcuni Ministeri al Nord. Il governatore ricorda “la posizione di chiusura” dei capigruppo del Pdl alla Camera e al Senato sull’argomento e afferma che “senza i voti del Pdl la proposta della Lega non va lontano”.
Per il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, “non è importante dove i ministeri stiano, che stanno a Roma, ma quello che fanno a favore dei cittadini. E i ministeri italiani a favore di Milano credo facciano molto. È importante cosa si fa”, ha chiosato. “Per esempio pochi sanno che il mio ministero ha già una sede a Milano, presso la caserma di piazza Novelli. Io ho un mio ufficio, ma non ho fatto di questo un annuncio particolare”, ha ricordato La Russa.

Per ultimo riportiamo la posizione del Premier:
Sembrerebbe a prima vista che la proposta della Lega Nord porrebbe seriamente in crisi l’asse tra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi.ma sentendo le parole di Bossi, noncurante della contrarietà dei vertici del Pdl, ci si accorge che così non è – almeno in teoria- perché Bossi ammette che sulla decisione dello spostamento dei ministeri ci sarebbe pure il placet del premier: «Parola data non torna indietro», avverte il leader del Carroccio.
Chiamato in causa il Cavaliere prova immediatamente ad abbassare le polemiche tentando una mediazione che eviti di allargare la frattura all’interno della maggioranza a pochi giorni dai ballottaggi, che appaiono più in salita: nel capoluogo lombardo arriveranno dei «dipartimenti», è la risposta del capo del governo.
Una soluzione ben lontana dalle richieste dei leghisti, che non arretrano e si preparano alla guerra con Roma. La distanza tra il presidente del Consiglio ed il Senatur la dice lunga sulla situazione tra i due partiti azionisti della maggioranza.
Il premier ha ha aggiunto: “C’è davvero un clima preoccupante, ho già detto che c’è un clima da guerra civile in politica: in questa fase elettorale a Milano abbiamo avuto una quasi invasione di militanti provenienti da tutta Italia a sostegno dell’estrema sinistra e di Pisapia”.
Il premier ha ripetuto le parole dei giorni scorsi: “Se Milano diventasse la Stalingrado d’Italia credo che farebbe male ai milanesi e a tutto il Paese. Una sinistra come questa non è socialdemocratica, ma estrema. Credo che le manifestazioni di violenza di questi giorni siano lì a dimostrarlo e a preoccupare tutti’
Per tutto il giorno chiuso ad Arcore, Berlusconi non ha nascosto lo sconcerto per lo spettacolo messo in scena dalla maggioranza: se si continua così non rimonteremo mai, avrebbe commentato un premier preoccupato con alcuni fedelissimi che lo tenevano aggiornato sulla situazione.
E nonostante il Cavaliere ribadisca che l’esito dei ballottaggi «non avrà nessuna ripercussione sulla tenuta del governo», appare difficile che il risultato di Milano non abbia ricadute sugli equilibri del governo.
Ma questo è solo l’inizio….

Condividi sui social

Articoli correlati

Università

Poesia

Note fuori le righe