Bavaglio a Santoro e Floris. Il Pdl propone la conduzione a targhe alterne

ROMA – I gerarchi del berlusconismo ora hanno escogitato un altro stratagemma per tappare la bocca alle trasmissioni di approfondimento politico, e in particolar modo a “Annozero” e “Ballarò”, che risultano sempre più indigeste al loro capo. Il gerarca Alessio Butti, infatti, ha oggi presentato una bozza di atto di indirizzo sul pluralismo, la terza in ordine di tempo, proponendo di alternare i conduttori di diversa formazione culturale di settimana in settimana, vale a dire che, se una settimana vanno in onda “Ballarò” il martedì e “Annozero” il giovedì (giorni in cui di norma comincia e finisce l’attività di Camera e Senato), la settimana successiva, negli stessi due giorni, ci saranno altri talk show condotti da persone di diversa formazione culturale.

Dure le reazioni delle opposizioni

«La fantasia del senatore Butti ha partorito una nuova formula: quella dei talk show a targhe alterne. Sperando di non fraintendere, i principi del pluralismo televisivo esigerebbero che il martedì e il giovedì non ci fossero sempre Floris e Santoro, perchè questa sarebbe una ‘rendità. Se così è, non si capisce perchè ogni sera a dirigere il Tg1 debba essere Minzolini e a condurre Porta a Porta sia sempre Vespa». Lo dichiara in una nota Flavia Perina, deputata di Fli. «Il problema -aggiunge Perina- è che il bilancino che Butti utilizza per misurare l’equilibrio nel sistema televisivo si applica solo a quegli spazi dell’informazione Rai dove non domina la retorica governativa, ma trova spazio anche la polemica anti-governativa. Ed è quantomeno ridicolo, per non dire inquietante, che nell’informazione tv, controllata come non mai da Berlusconi, sia sul versante pubblico sia su quello privato, si vadano a cercare ‘sacche di opposizionè da normalizzare», conclude Perina.

Pardi (Idv): “Da quale democrazia occidentale ha tratto ispirazione Butti?”

«L’ipotesi di talk show a targhe alterne, lanciata dalla destra in commissione di Vigilanza, va rimandata al mittente, con preghiera di rispondere a una serie di domande». Lo dichiara in una nota il capogruppo dell’Italia dei Valori in commissione di Vigilanza, Pancho Pardi. «Come si fa -prosegue Pardi- a pensare a una cosa del genere? Dove prende ispirazione il senatore Butti quando formula certe proposte? Da quale democrazia occidentale ha mutuato questo concetto? Forse dall’agricoltura, con rotazione delle coltivazioni e magari il maggese, in occasione del silenzio elettorale?». «Il rappresentante del partito della meritocrazia e del liberismo assoluto -prosegue ancora l’esponente dell’Idv- per la sola furia di attaccare Santoro e Floris, mette nel cassetto il valore che si attribuisce al merito, capacità personali, talento, e a share e auditel con il loro ovvio tornaconto economico per la Rai. Questa proposta rivela il valore che il senatore Butti attribuisce alla libertà d’espressione: Un tanto al chilo». «Ma se proprio dovessimo applicare le misure buttiane -prosegue- anche Ferrara andrebbe alternato, che so, con Norma Rangieri. Il problema, tuttavia, non risiede solo in questo pluralismo da salumeria; ma anche nella volontà di rappresentare in tv i soli partiti presenti in parlamento in ragione delle loro proporzioni elettorali, il doppio opinionista, il divieto di applausi e addirittura controcampi, di leggere intercettazioni in tv e rappresentare atti giudiziari ed infine fornire il salvacondotto per gli editoriali di Minzolini. Non è quindi questa -conclude Pardi- la norma da contestare ma è l’atto nel suo insieme da cestinare».

Vita (Pd): “Atto di censura”

«La proposta di Butti sull’informazione è intrisa di contenuti censori. Non va». Lo dichiara Vincenzo Vita, senatore Pd della commissione di Vigilanza Rai. «È compito dell’opposizione contrastare ogni rischio di ingerenza nella libertà d’informazione – prosegue Vita -. Sbaglia Gasparri a strumentalizzare inutilmente le parole di Sergio Zavoli. Il Presidente svolge opportunamente il suo compito di garanzia, ma a noi spetta il diritto e il dovere di fare argine all’occupazione mediatica di un regime in crisi. E proprio per questo ancor più pericoloso».

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