Rapporto di Legambiente: sempre più cemento in Italia

ROMA – Povero ragazzo della via Gluck. Legambiente ha presentato il suo Rapporto Annuale sull’Ambiente in Italia.

Oltre all’aggiornamento dei consueti indicatori sull’inquinamento, le analisi quest’anno si sono concentrate sul consumo di suolo, ovvero sulla quantità di territorio nazionale adibita a sviluppo edilizio. La fotografia che ne viene fuori fa pensare: ma quella casa in mezzo al verde, ormai, dove sarà?

Innanzitutto, un po’ di numeri renderanno subito l’idea della ‘bontà’ delle notizie fornite dal Rapporto.

Inquinamento: nelle 14 città più grandi dello stivale, solo 3 hanno rilevato un valore medio di biossido di azoto inferiore al limite consentito. Il 67% dei comuni capoluogo, in almeno una centralina, superano tale valore.
Gran parte del problema, come si sa, è dovuta alle troppe auto. L’82 % dei movimenti degli italiani avviene su quattro ruote. Nel 2008, in Italia c’erano  601 auto ogni mille abitanti, contro le 470 dell’Unione europea, le 498 della Francia, le 475 del Regno Unito. Causa della causa, cioè motivo del massiccio uso delle macchine, il poco amore per i mezzi pubblici: 12.070 passeggeri per Km/abitante, contro gli 835 che usano il treno, e i 109 passeggeri che preferiscono tram o metro.
Siccome piove sul bagnato, il trasporto merci regala altro buonumore: il 71,9% delle derrate nel 2008 ha viaggiato su strada, il 18,3% via mare, il 9,8% su treni.

Comunque, non bisogna pensar troppo male dell’Italia, qualcosa di buono in realtà succede anche qui. Dopo anni di continua crescita, finalmente diminuisce la produzione di rifiuti urbani (come può ben confermare Napoli). Inoltre, la raccolta differenziata è aumentata, anche se solo 7 regioni hanno superato la quota  35 % (obiettivo normativo per il 2003), e nel sud solo la Sardegna si è distinta in positivo (col 34,7%): ad esempio, il Molise si è fermato al 6,5% e la Sicilia al 6,7%.

Altra indagine di Legambiente: gli obiettivi fissati dal protocollo di Kyoto. L’Italia, incredibilmente, sembrerebbe in grado di rispettarli, sia per il minor uso di fonti derivate dal petrolio, sia per il maggior uso di energie rinnovabili. Davvero notevole. Brava, Italia. Sola una cosuccia potrebbe ostacolare il raggiungimento di questi obiettivi: il governo. Con il decreto Romani, firmato da Napolitano, e definito ‘ammazza-rinnovabili’, a causa dei drastici tagli che infliggerà al settore, si farà un lungo passo indietro nello sviluppo dell’energia verde. Considerando poi la sua politica fortemente pro-nucleare, l’attuale esecutivo rischia seriamente di compiere una manovra che sarebbe per il paese un’amara beffa: ad un passo dal traguardo, inchiodare e fare dietrofront.  “L’Italia deve smettere di remare contro lo sviluppo delle rinnovabili», dice Duccio Bianchi, curatore del rapporto. “Soltanto l’Italia, in Europa, corre il rischio di non agguantare Kyoto, pur essendo a portata di mano così come gli obiettivi al 2020 per le rinnovabili e la riduzione di CO2”.

Per distogliere la nostra attenzione da questi cupi scenari energetici, e farci tornare un po’ di buonumore, il Rapporto di Legambiente si concentra su un argomento molto più leggero: il cemento.
In Italia si costruisce tanto e male. In molti altri paesi si assiste al fenomeno di una cementificazione massiccia del territorio, ma l’Italia ha una conformazione geologica molto particolare: perfetta per crogiolarsi al sole in spiaggia oppure trotterellare beati tra imponenti scenari montuosi; pessima per sostenere la crescita urbanistica che Legambiente ha ravvisato. Ampie aree costiere, anche in luoghi turisticamente rilevanti, e molte zone a rischio idrogeologico, sono state martoriate dal mercato edilizio irrazionalmente. Spesso per la costruzione capricciosa di seconde o terze case, magari da lasciare vuote per gran parte dell’anno. Spesso abusivamente, senza permessi e verifiche geologiche. Altre volte invece col beneplacito di piani regolatori stranamente generosi. Purtroppo, come anche le recenti alluvioni hanno dimostrato, l’italico territorio, se torturato dall’edilizia, alla prima occasione si ribella, scalcia e si vendica. Pesantemente. Non solo. Nelle grandi città, in particolare nelle periferie, l’espansione del mattone è stata condotta senza criterio, senza attenzione per la qualità della vita, tralasciando di studiare soluzioni efficienti di trasporto pubblico, di servizi e di sostenibilità ambientale. Ciò ha originato degrado urbano e anche, di conseguenza, sociale. Paradosso dei paradossi, all’aumento esponenziale delle case, è corrisposto un aumento delle persone senza casa. E’ sempre più difficile permettersene una, nonostante, in maniera quasi irridente, nelle periferie metropolitane spuntino palazzoni come funghi.  

Un po’ di freddi numeri rendono il quadro più chiaro: 500 milioni di chilometri quadrati all’anno di territorio vengono ricoperti da cemento, come se ogni 4 mesi costruissero una città vasta quanto l’area urbanizzata di Milano. La Lombardia è la regione più cementificata, col 14 % del territorio coperto da catrame e cemento; seguita dal Veneto (11%), dalla Campania (10,7%) e da Lazio ed Emilia Romagna (9%). A proposito di Lazio: Roma merita delle lodi a parte. Detiene infatti parecchi primati nazionali, tra cui quello degli sfratti. Nel 2009 ne sono stati eseguiti 8.729. In questa simpatica classifica, le inseguitrici sono molto distanti: Firenze ne può vantare ‘solo’ 2.895, mentre Napoli 2.722. Negli ultimi 15 anni la popolazione dell’Urbe è aumentata di 30.000 persone. Eppure, ed ecco un altro primato invidiabile, nel 2009 Roma ha avuto il maggior numero di case vuote: 245.000 (sugli altri gradini del podio, Cosenza, 165.398, e Palermo, 149.894). Roma è il comune italiano più grande, per estensione e per popolazione. Dal 1995 in poi, la capitale ha ‘goduto’ di un aumento di mattoni del 12%.  La fetta di suolo ‘contaminata’ dall’edilizia è pari al comune di Bolzano.
Alla lettura di questi dati viene da chiedersi: ma perchè continuano a costruire le case e non lasciano l’erba? Una cosa è certa. La speculazione selvaggia e l’uso indiscriminato del suolo presto presenterà il suo conto.  E c’è già chi ne sta pagando le conseguenze.

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