Perché è giusto che Cesare Battisti sconti le sue colpe

ROMA – Su cosa si basa la richiesta di estradizione dell’Italia al Brasile per l’ex terrorista dei Proletari armati per il comunismo, Pac, Cesare Battisti. In Italia Battisti è stato condannato in contumacia all’ergastolo per quattro omicidi compiuti in concorso con altri terroristi tra il 1978 e il 1979. Però, per almeno due di questi omicidi Battisti è stato riconosciuto come esecutore materiale.

Si tratta di sentenze passate in giudicato. Il maresciallo delle guardie carcerarie Andrea Santoro fu il primo a cadere sotto i colpi dei Proletari armati per il comunismo, Pac, di cui faceva parte Battisti. Era il comandante del carcere di via Spalato a Udine. Morì brutalmente e vilmente ucciso il 6 giugno del 1978 a 52 anni. A sparare, secondo gli inquirenti, furono Battisti e una complice, con la quale l’ex terrorista tese l’agguato a Santoro. I due si finsero una coppietta che si scambiavano effusioni fino al momento di colpire. Fu Battisti a sparare a Santoro alle spalle davanti alla moglie e a suoi 3 figli con cui stava passeggiando. Tre colpi sparati a bruciapelo: uno a vuoto, il secondo nella tempia destra, il terzo all’altezza del costato. Le cronache del tempo riferiscono che la colpa di Santoro era stata quella di aver tardato a soccorrere Cavallina, un altro terrorista, che si era rotto un braccio giocando a pallone in prigione. Per i Pac questo fu il battesimo del fuoco. Poi seguono gli assassinii del macellaio di Mestre, Lino Sabbadin, e quello del gioielliere milanese, Pierluigi Torregiani, uccisi lo stesso giorno, il 16 febbraio 1979, a distanza di poche ore l’uno dall’altro. La loro colpa era quella di essersi fatti giustizia da soli reagendo ad una rapina. I due avevano infatti, che nel corso di una rapina subita avevano reagito sparando e uccidendo un rapinatore. Torregiani fu ucciso mentre usciva dal suo negozio assieme al figlio Alberto allora poco più che adolescente. Il ragazzo si salvò, ma fu ferito alla spina dorsale e oggi, paralizzato, vive su di una sedia a rotelle. Nella rivendicazione dei terroristi fu scritto che: “era stata posta fine alla loro squallida esistenza”.

 

Poi, il 19 aprile 1979 toccò ad Andrea Campagna, agente della Digos di Milano, ucciso sotto casa della fidanzata. La sua colpa era quella di essere uno ‘sbirro’. Andrea aveva 25 anni. Battisti lo colpì con cinque micidiali proiettili di una calibro 357 magnum davanti agli occhi del suocero. I proiettili colpirono il giovane agente con un effetto devastante. La latitanza di Battisti dura da oltre 30 anni. Iniziò a Frosinone, nel 1981, quando evase dal carcere dove era stato rinchiuso dopo l’arresto con l’accusa di aver commesso quattro omicidi, rapini e altro nel corso della sua attività terroristica. Battisti dopo l’evasione si rifugiò in Francia, poi si trasferì in Messico, dove iniziò a scrivere romanzi iniziato alla letteratura da Paco Ingnacio Taibo II. Poi, ritornò di nuovo in Francia godendo della protezione dello scudo della ‘dottrina Mitterand’. Però, il 30 giugno 2004 le autorità francesi, con l’avvento alla presidenza di Jacques Chirac, concessero l’estradizione dell’ex terrorista in Italia. Battisti però riuscì a scappare e si rifugiò in Brasile. Dove venne arrestato il 18 marzo del 2007 a Rio de Janeiro nel corso di un’operazione congiunta dell’Interpol, della polizia francese, italiana e brasiliana.

 

A Battisti a quel punto non restava che chiedere asilo politico. Da allora sono trascorsi altri 4 anni e oggi, finalmente, per lui, l’epilogo di questa vicenda amara e tragica. Battisti si è rifatto una vita. Oggi è un ricco e affermato scrittore di romanzi noir e gode di molte amicizie anche importanti. Forse perdonarlo sarebbe anche giusto anche perché i tempi sono cambiati. Però, a chi è morto, a chi è stato negato di vivere la propria vita si deve un po’ di giustizia e forse Battisti andrebbe lasciato per un po’ in carcere in Italia e poi forse, graziarlo. Per ora, negli ultimi 4 anni è vissuto ‘ospite’ nel carcere di Papuda, di Brasilia. Per ‘convincere’ il governo brasiliano ad accogliere la sua richiesta di asilo Battisti ha dato fondo a tutte le sue possibilità. E’ persino entrato in sciopero della fame per proclamare il suo diritto ad essere riconosciuto come rifugiato politico in Brasile. Ha scritto anche una lettera in cui ha affermato che: “Di fronte alle enormi difficoltà di vincere questa battaglia contro il potente governo italiano, il quale ha usato tutti gli argomenti, strumenti e armi, non mi resta altra alternativa che entrare in sciopero della fame totale, affinchè mi vengano concessi i diritti relativi allo status di rifugiato e prigioniero politico. Spero con ciò di impedire questa estradizione che per me equivale a una condanna a morte”. Il testo si chiudeva con una frase rivolta direttamente al presidente del Brasile, Luiz Inacio Lula da Silva: “Consegno la mia vita nelle mani di Sua eccellenza e del popolo brasiliano”. Parole che devono aver colto nel segno visto che Lula, come ultimo atto del suo mandato presidenziale, il 31 dicembre del 2009, si è voluto prendere la responsabilità, politica e umana, di decidere contro l’estradizione dell’ex terrorista rosso in Italia. E’ difficile pensare come ci si possa rendere ‘complici’ di un pluriomicida, ma evidentemente a volte la ragione politica vale più di ogni altra cosa. Che Battisti sia colpevole lo hanno deciso i giudici che lo hanno condannato, ma un giorno un giudice più in alto lo giudicherà e questi di certo non si farà influenzare da nessuno e deciderà la migliore punizione per lui. In bocca al lupo Battisti mi auguro che almeno ti sia pentito delle tue malefatte.

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