Trucchi di malainformazione. Sui referendum, su Lady Gaga all’Europride. A farne le spese i movimenti

ROMA – Siamo in Italia, la patria dei furbetti del quartierino, del tiramo a campà, del collage con tanto di bianchetto per truccare documenti bancari e bilanci, della finanza creativa, dei concorsi tarocchi e della raccomandazione come regola. Siamo in Italia, impero del bunga bunga, delle stelline in vendita, della marchetta dignitosa, della televisione più trash del pianeta e dell’informazione con il trucco. E quindi non stupiamoci di niente. E infatti non ci stupiamo.

Neanche quando si bara sull’informazione “base” sui referendum sui tg del servizio pubblico fornendo ripetutamente indicazioni errate sui giorni di apertura dei seggi dopo settimane di peloso silenzio. Servizio pubblico, ripeto. Roba di tutti e pagata da tutti. In aperta violazione di legge, insulto all’intelligenza degli italiani. E sputtanamento definitivo del giornalismo italiano trasformato in arma, falsa, di propaganda virale, di manipolazione, di disinformazione. Una roba che dovrebbe far tuonare FNSI e Ordine dei giornalisti, ma che invece scivola via in quieto silenzio. Siamo in Italia, mica in un paese normale.
Così vanno le cose, così devono andare.

Quello che è avvenuto nel sistema informativo italiano sui referendum è solo un esempio di una degenerazione metastizzata che non riguarda solo “una parte” del corpo dei media ma invece riguarda tutti. Disinformazione, approssimazione, marchetta esplicita o camuffata, pigrizia, totale assenza di professionalità, totale abbandono del ruolo sociale che si ha scrivendo: queste le “qualità” che si richiedono oggi al giornalismo italiano.
Spero negli italiani, nel loro buonsenso che, anche se timidamente, sembra riemergere. Spero nel loro voto. Nella loro voglia di tracciare sulla scheda quei quattro si. Spero nella voglia mai sopita di ridarsi voce. Anche se la politica e i media si sono  volutamente dimenticati di loro per anni. Quei quattro si saranno non solo un no al nucelare, alla privatizzazione dei beni comuni e alla legge truffa, ma saranno un atto di sfiducia inequivocabile verso il sistema partiti/media e un salutare atto di fiducia in se stessi.

E arriviamo al fenomeno mediatico Lady Gaga, che è appunto “fenomeno” in tutto il mondo ma solo in Italia può diventare “impazzimento”. La pop star più in luce degli ultimi anni infatti non è  assolutamente un fenomeno commerciale usa e getta, è una persona che pensa, fa delle scelte, e usa (non da oggi) la propria colossale visibilità per lanciare chiari messaggi sociali e politici. Qui in Italia invece diventa isteria, pezzo di carne da mettere in pasto a ogni possibile speculazione, oggetto virtuale da usare solo come veicolo commerciale di promozione di qualsiasi oggetto, dalle mozzarelle di bufala al politico in difficoltà, dall’agenzia di starlet in declino (la crisi economica si fa sentire anche lì) ai fondamentalisti cattolici in caccia di due righe in agenzia. E come si fa? Semplice, si scrive un comunicato stampa, o ancora meglio si costruisce una presunta fuga di notizie “da una fonte accreditata” ma rigorosamente anonima, e li si associa al nome Lady Gaga e il gioco è fatto. Si spara una balla si affianca il nome e due minuti dopo si è conquistata una citazione di due righe. Ci si prova e ci si riesce. Puntualmente. Perché i giornalisti, il sistema dell’informazione italiano, è talmente abituato a digerire e pubblicare ogni possibile cazzata e così pigro da non fare nemmeno un tentativo di verifica, che alla fine esce ogni cosa possibile, anche la più taroccata e inverosimile. Pastone di gossip. Tutto viene ridotto a gossip, la politica, i bisogni, i valori e soprattutto la notizia. È come se l’intero sistema informativo italiano si fosse ridotto a succursale di Dagospia. Ma almeno la testata web di gossip più letta in Italia non ha alcuna velleità di definirsi tempio della buona informazione. Quelli di Dagospia si divertono, giocano con il costume e malcostume burino del basso potere italico. E gli basta. Ma quello che stupisce, invece, è il delirio gossiparo delle grandi testate “di peso”, che in questi giorni sull’arrivo di Lady Gaga a Roma per l’Europride hanno scritto ogni possibile cosa, ma solo a volte, di taglio sbieco, la verità. Rappresentando la parata dell’orgoglio di milioni di cittadini Lgtb d’Europa in una festa glamour (a essere benevoli) e non in una grande manifestazione per affermare sacrosanti diritti. Tutto ridotto in pappa. E l’artista che vuole usare la propria popolarità per amplificare la richiesta dei diritti della comunità Lgtb viene presentata come oggetto plastificato senza anima e senza, soprattutto, cervello. Anche se ci sarà un discorso politico di Lady Gaga domani al Circo massimo e non uno show trasgressivo. Anche se parlerà di diritti e non farà ballare allo sfinimento la folla. Poco importa. Il personaggio è già stato consumato e digerito. Qualcuno contabilizzerà introiti ottenuti e futuri e altri sorrideranno per aver ottenuto ancora una volta la “normalizzazione” dei cittadini trasformati da popolo in piccola lobby da tirare fuori di tanto in tanto per pulirsi la coscienza.

E il movimento Lgtb? Che se ne torni nel cassetto delle questioni mai affrontate in questo Paese fino al prossimo Pride. E ci sarà tutto il tempo nell’attesa per trovare un’altra icona da bruciare nel tempio della malainformazione. Alla fine fa comodo a tutti, no?

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