Cancro al seno e pagaie: dov’è il nesso? L’esperienza delle Pink Butterfly di Roma

ROMA – Nulla accade per caso. Per assurdo nemmeno avere una diagnosi di cancro al seno. Come è possibile solo pensare di poter trasformare un evento traumatico in opportunità? Non siamo eroine. Ci sono situazioni che, solo al pensiero di doverle affrontare fanno tremare le gambe.

E poi capita a me. Non ci sono sconti o scorciatoie, è un percorso a tappe obbligato e scandito. La malattia assorbe tutta la mia vita, la risucchia, mi impone forza, determinazione e costante caparbietà. Non devo mollare, sono concentrata nella lotta al nemico invisibile, alla fine gli do anche un nome. E poi comincio a pensare a quante cose non potrò più fare, anche ai vestiti che non potrò più mettere o alle parrucche che dovrò mettere; la mia progettualità si azzera, resta scandita fintato che ci sono interventi da fare o terapie da seguire. Poi ci sono i controlli: ecco lì riesco a programmare fino a 6 mesi! Traguardo dopo traguardo.
E poi un giorno una macchia rosa, un articolo, il racconto di un’amica, un passaggio veloce in qualche contesto sportivo e la mia attenzione è catturata: pagaie e cancro al seno. Che cosa hanno in comune? Che cosa c’entra la malattia con uno sport di nicchia semi sconosciuto come il dragon boat?

E poi le guardo: sorrisi, emozione, vivacità, un po’ di follia, esibizionismo anche? Ma se io non ho detto nemmeno a conoscenti e al lavoro che ho avuto un cancro al seno, potrei mai indossare una maglietta rosa e andarlo a sbandierare ai quattro venti? Sono curiosa. Le guardo meglio, sono donne come me, hanno vissuto la mia stessa esperienza e ora sono vive. Fanno progetti, programmano viaggi, partecipano a gare e manifestazioni sportive. Si sono rimesse in gioco completamente e si sono avventurate in un mondo che non avrebbero mai conosciuto se non avessero avuto una diagnosi di cancro al seno. Resistere a questo richiamo è difficile, se ce l’hanno fatta loro allora anche io posso e devo provare. Anche io posso uscire da questo buio ed entrare nel rosa. E come? Imparando a pagaiare!

La pratica del Dragon Boat per le donne operate di tumore al seno nasce circa 15 anni fa dalla volontà di un medico statunitense il Dr. McKenzie che ha sperimentato, con un gruppo di donne pioniere, come, in contrasto con le teorie del periodo, il movimento ritmico e ciclico della pagaiata costituisse una sorta di linfodrenaggio naturale prevenendo la formazione del linfedema. Questo allora giovane medico è stato determinante per la diffusione di questa disciplina che da allora è esplosa e ora conta decine di migliaia di donne operate in tutto il mondo, principalmente nei paesi anglosassoni. Il messaggio è chiaro e forte è un atto di ribellione nei confronti di una malattia che ti vorrebbe costringere ad un muto e compassionevole isolamento. Quando indossi quella maglietta ti senti invincibile: comunichi a tutti che hai avuto un cancro al seno e che questo non ti ha assolutamente fermato. Fare parte di questa squadra “speciale” è una esperienza unica che condividi con donne che hanno percorso le tue stesse strade e sanno quello che provi senza che nessuno ne parli. Pagaiare in modo sincrono in venti su un dragone è una esperienza emozionante che coalizza e crea una forte sinergia. Si diventa un insieme unico e tu sai che quando il cuore ti scoppia, i muscoli ti cedono e non ce la fai più, puoi alzare la pagaia ed essere certa che le tua compagne ti porteranno su una riva sicura, metaforicamente come nella vita; perché i momenti di tristezza e scoramento capitano a tutte ma la consapevolezza di avere un sostegno così forte è già una garanzia di successo.

Quando mi trovavo in quel letto di ospedale, in un tunnel dove non vedevo la luce dell’uscita e non sapevo cosa mi sarei dovuta aspettare dalla malattia e dai suoi postumi, se fosse venuta da me una di queste donne a dirmi: “coraggio, fai tutto quello che devi e stai certa che poi verrai a pagaiare con noi”, per me sarebbe stato uno stimolo fortissimo. Capisci, quindi, che questa esperienza positiva la devi esportare perché altre donne nella tua condizione possano usufruirne ed ecco che, anche in Italia dove inaspettatamente ho riscontrato forti ritrosie nel manifestare la propria condizione di paziente oncologico, forse legate a substrati sociali e culturali , grazie alla capacità ed alla caparbietà di queste splendide donne il messaggio si sta diffondendo rapidamente e fioriscono squadre in continuazione.

La comunità medico scientifica grazie alle migliaia di donne pagaiatrici operate di cancro al seno che ci sono in tutto il mondo ha modificato la sua posizione scettica e a volte restrittiva. Oggi studi medici e scientifici attestano i benefici di questa disciplina sportiva per le donne che hanno avuto una diagnosi di cancro al seno. A tal proposito anche le Pink Butterfly sono state soggetto di studio da parte del Dipartimento di Fisiatria del Policlinico Tor Vergata e della Facoltà di Medicina e Chirurgia Tor Vergata di Roma. I risultati di questo studio saranno presentati Il 24 ottobre alle ore 9.30 presso l’Aula Fleming dell’Università Tor Vergata di Roma. Al convegno interverrà anche il Dr MacKenzie, che ha aderito con entusiasmo all’invito delle Pink Butterfly.

Analizzando la mia vita a ritroso ho capito che già in passato avevo la soffusa consapevolezza di correre senza una meta…il lavoro, i figli, i doveri…ma non mi ero mai fermata ad ascoltarmi…ci ha pensato lui, Mister C, come uno schiaffo in pieno viso a fare da  campanello di allarme e dire “.. hai una sola vita, fermati e pensa…” e mi ha dato l’opportunità di fare quei cambiamenti che forse non avrei mai avuto la possibilità o il coraggio di porre in atto. Non vorrei sembrare scontata o, ancor peggio, auto celebrativa, ma questo cancro mi ha dato la possibilità di provare emozioni molto intense, di apprezzare tutte le bellezze che davo per scontate, di vedere le manifestazioni profonde di affetto dei miei familiari, amici e colleghi che altrimenti non avrei mai provato, di incontrare le mie splendide amiche in Pink e di vivere una vita più piena e soddisfacente di prima.

Mister C è stato la mia epifania!   …e a volte, mentre pagaio serena e felice……quasi quasi lo ringrazio……

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