100 Autori sul CDA RAI: scelte demagogiche e nessuna competenza

ROMA – Mentre la Rai annaspa tra minacce di nuovi tagli indiscriminati al prodotto e un calo verticale degli ascolti, il dibattito sul rinnovo del prossimo Consiglio di Amministrazione si sta sviluppando secondo criteri che nulla hanno a che fare con la ricerca delle “competenze” che potrebbero salvare il servizio pubblico radiotelevisivo dalla crisi devastante in cui è precipitato a causa delle “incompetenze” delle passate gestioni.

Nella difficoltà politica di mettere mano a una necessaria e urgente riforma della governance, il governo Monti ha intanto preferito muoversi senza modificare lo schema esistente, indicando una Presidenza di garanzia e una Direzione generale che dovrebbero risanare i conti e proporre un piano di ristrutturazione dell’azienda.
Sulla scelta degli altri componenti del CdA il governo non ha rimesso in discussione il potere decisionale dei partiti, che hanno hanno indicato candidature rispettabilissime ma senza alcuna competenza in materia di scelte editoriali e prodotto radiotelevisivo. Una scelta demagogica che salva i partiti dall’accusa di voler rimettere le mani sul servizio pubblico ma non garantisce alcuna progettualità all’azienda.
Come ha sempre fatto, l’Associazione 100autori non propone candidature ma sottolinea la necessità che nel CdA siedano persone con provata competenza nel settore, capaci di leggere le ragioni di una crisi e di proporre un piano strategico che rilanci e rinnovi la Rai. Questo implica che chi ha finora gestito l’azienda venga allontanato e non assuma altri importanti incarichi di gestione. E che la Commissione di vigilanza, presieduta da un giornalista e autore televisivo di grande prestigio, valuti le candidature esclusivamente sulla base dell’apporto che i futuri rappresentanti del CdA potranno effettivamente garantire al riassetto editoriale, economico e culturale della Rai.
  E’ grave e incomprensibile che tra tanti nomi fatti in questi giorni nessuno abbia preso in considerazione la possibilità che a guidare l’azienda dal suo organismo più alto siano persone che la televisione la conoscono e la fanno. Ed  è sorprendente che anche le associazioni che rappresentano la “società civile” non abbiano tenuto conto di questa banale eppure irrinunciabile qualità che potrebbe davvero consentire alla Rai di avere finalmente un futuro.

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