30 km/h per dimezzare il numero di vittime della strada
ROMA – Ridurre la velocità in ambito urbano è l’unica misura in grado di far diminuire in maniera consistente il numero di incidenti stradali con morti e feriti. Una misura, senza controindicazioni, che tutela sia gli utenti vulnerabili – pedoni e ciclisti – sia chi usa i veicoli a motore.
Sulla riforma del codice della strada e sulle misure da adottare per ridurre in maniera consistente il numero di incidenti stradali gravi si è parlato questa mattina a Roma al convegno Una velocità nuova per la sicurezza organizzato dalla Rete Mobilità Nuova, coalizione che raggruppa circa 200 sigle nazionali e locali. Un’occasione per confrontarsi sulle proposte delle associazioni – in particolare sul limite dei 30 km orari in città previsto nella proposta di legge presentata da Rete Mobilità Nuova – e capire se pedoni, ciclisti e automobilisti hanno trovato un punto in comune o continuano ad avere posizioni contrapposte. Tra i numerosi partecipanti, il sottosegretario ai trasporti Erasmo D’Angelis, il presidente Aci Angelo Sticchi Damiani, Andrea Colombo di Anci, Paolo Gandolfi della commissione trasporti della Camera, Vittorio Cogliati Dezza presidente Legambiente, Francesco Ferrante di Green Italia e Anna Donati di Co.Mo.Do.
Ogni anno perdono la vita in Italia quasi 4000 persone a causa degli incidenti stradali. Secondo l’ultimo rapporto ACI ISTAT, distrazione ed eccesso di velocità sono i principali responsabili degli incidenti che si verificano sulle strade. La riduzione dei limiti di velocità è il principale strumento utilizzato a livello internazionale per ridurre la mortalità sulle strade poiché una velocità ridotte consente tempi di reazione più brevi e quindi una maggiore capacità di evitare situazioni di pericolo.
È questa la logica che ha spinto il Parlamento europeo ad adottare la risoluzione del 27 settembre 2011 con la quale “raccomanda fortemente alle autorità responsabili di introdurre limiti di velocità di 30 km/h in tutte le aree residenziali e sulle strade a corsia unica in aree urbane che non hanno corsie ciclabili”. Peraltro anche l’OMS segnala che la velocità è una delle priorità da affrontare in chiave sicurezza e stima che una riduzione del 5% della velocità media sarebbe in grado di ridurre di 1/3 i morti sulle strade.
E in questa direzione va la proposta di legge presentata da Rete Mobilità Nuova – sostenuta da una petizione che ha raccolto oltre 90mila firme – che all’articolo 6, sui limiti di velocità, chiede la modifica dell’articolo 142 del codice della strada. Sostituendo le parole «e i 50 km/h per le strade nei centri abitati, con la possibilità di elevare tale limite fino ad un massimo di 70 km/h per le strade urbane le cui caratteristiche costruttive e funzionali lo consentano, previa installazione degli appositi segnali» con «e i 30 km/h per le strade nei centri abitati, con la possibilità di elevare tale limite fino ad un massimo di 70 km/h per tutte le strade urbane le cui caratteristiche costruttive e funzionali lo consentano e dove l’amministrazione locale è in grado di garantire che a un aumento della velocità non corrisponda un aumento dell’insicurezza, previa installazione degli appositi segnali».
Una soluzione sempre più diffusa nelle città europee. Graz, in Austria, è stata la prima al mondo, nel 1992, a introdurre il limite di 30 km/h su tutto il territorio comunale. A Berlino, le zone 30 introdotte inizialmente nei dintorni di scuole e asili , oggi coprono circa l’80% delle strade secondarie. A Londra a partire dal 2000 sono state introdotte più di 400 zone 30 (limite di 20 miglia orarie) che al momento rappresentano l’11% dell’intera rete stradale cittadina e il prossimo passo sarà quello di rendere il limite di 20 miglia orarie lo standard nella città.
In Italia, la prima città ad aver introdotto il limite di 30 km/h su tutto il territorio comunale è stato il comune di Saronno all’inizio del 2011. Altre città ad essere intervenute in tal senso sono state Udine, Reggio Emilia, Ferrara, Catanzaro, Arezzo e Caserta.
Il punto principale è la sicurezza. E 20 km orari fanno la differenza. Perché se un’automobile investe un pedone alla velocità di 50 km/h, l’impatto generato con il veicolo sarà equivalente a una caduta dal terzo piano di un palazzo con una probabilità di morte pari al 70%, mentre uno scontro tra un’auto e un pedone alla velocità di 30 km/h è l’equivalente di una caduta dal primo piano di un palazzo con una probabilità di esito mortale del 10%.
Difficile trovare un solo svantaggio all’introduzione di questo limite di velocità in città. Non aumenterà i tempi di percorrenza. L’esperienza mostra che per percorrere 500 metri all’interno di una zona 30 si impiegano solo 5,1 secondi in più rispetto allo stesso percorso con il limite di 50 km/h. Paradossalmente il principale motivo dei rallentamenti nel traffico è proprio la velocità massima troppo elevata che, generando accelerazioni brusche e frenate improvvise, crea un effetto a singhiozzo e impedisce il regolare fluire del traffico.
Non farà salire i consumi di carburante, anzi li ridurrà così come le emissioni inquinanti. Secondo alcuni studi, infatti, diminuire la velocità da 50 km/h a 30 km/h comporterebbe una riduzione del 30% degli ossidi di azoto, del 20% il monossido di carbonio e del 10% gli idrocarburi, ma anche una riduzione dell’inquinamento acustico.
Non è un provvedimento contro gli automobilisti, è una misura che salvaguarda bambini e anziani che, in questo modo, non dovranno più temere per la propria vita ogni volta che attraversano la strada. Non è una sfida persa in partenza: contrariamente a quanto ci si possa aspettare, i conducenti che non rispettano i limiti di velocità sono una minoranza e in molti casi sostituire un cartello “50” con un cartello “30” può già apportare delle sostanziali differenze.