Enrico Mattei, un sogno infranto

Storia del fondatore dell’Eni che per anni fu il simbolo del riscatto economico italiano

“Se in questo Paese sappiamo fare le automobili, dobbiamo saper fare anche la benzina. Mio padre diceva che è brutto essere poveri, perché non si può studiare, e senza studiare non si può fare strada”

 

MILANO – Per un decennio fu uno dei più importanti imprenditori e dirigenti pubblici italiani. Il suo dinamismo, il suo aver idee chiare e metterle in pratica senza troppi compromessi, lo fece diventare uno degli uomini più amati e odiati del boom economico del nostro Paese. Possedeva coraggio, grandi capacità persuasive, entusiasmo e soprattutto non aveva paura di nulla. Era disposto a tutto pur di far avere all’Italia un posto dignitoso nel panorama mondiale. E pagò con la vita la sua sfida ai “custodi del petrolio” del mondo.

Enrico Mattei nasce a Acqualagna (Pesaro) il 29 aprile del 1906. Il padre era un sottuficiale dei Carabinieri, la madre è casalinga. E’ una famiglia umile di un’Italia contadina e arretrata. L’adolescente Mattei non brilla negli studi e dopo aver frequentato la Regia Scuola Tecnica di Vasto, il padre decide di farlo lavorare come apprendista in una fabbrica di letti metallici. Il giovane Enrico, non abbandonò gli studi e dopo aver conseguito il diploma di ragioniere, inizia a vent’anni la carriera dirigenziale in una piccola azienda in cui era entrato come operaio. Poi si trasferisce a Milano dove svolge l’attività di agente di commercio per prodotti chimici.

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, Enrico Mattei decide di partecipare direttamente alla Resistenza, come partigiano dell’area politica cattolica. Nel 1944 si avvicinò a uomini politici come De Gasperi e Gronchi che stavano organizzando la futura Democrazia Cristiana. Dopo la fine della guerra fu nominato da Cesare Merzagora commissario liquidatore dell’Agip. L’ambizioso Mattei intuì le potenziali capacità di poter sviluppare l’ente e di conseguenza contribuire alla rinascita economica di un Paese distrutto nelle infrastrutture e soprattutto nel morale.

Nonostante lo scetticismo della classe politica dell’epoca, Enrico Mattei non si arrende e combatte contro tutti. E’ convinto che l’Italia possa risollevarsi anche con l’energia come il petrolio e il gas. Dopo aver lottato per ottenere le concessioni per la ricerca e trivellazione nella pianura Padana all’inizio degli anni Cinquanta, Enrico Mattei trova il gas in grande quantità. Nel 1952 il governo autorizza la costruzione di nuove reti di gasdotti. In questo periodo di grande slancio dell’economia italiana, resta leggendario il cosiddetto “metodo Mattei” per la costruzione dei gasdotti, che considerava di massima priorità per poter mettere i politici davanti al fatto compiuto. Decine di chilometri di tubazioni furono realizzate di notte. A questo punto Mattei capisce che è giunto il tempo di fare le cose in grande. Nel 1953 fonda l’Eni (Ente Nazione Idrocarburi). L’imprenditore si autonominò responsabile nazionale delle politiche energetiche e direttore generale nel nuovo colosso economico. Enrico Mattei si rende conto che l’Italia per avere un ruolo determinante nel mondo deve conquistare l’autosufficienza energetica. Un’operazione quasi impossibile se si pensa che all’epoca la totalità delle grandi compagnie petrolifere mondiali erano di nazionalità statunitense. Il fondatore dell’Eni accetta di sfidare apertamente il cartello petrolifero delle “sette sorelle” con una strategia innovativa: creare strutture di trivellazione nei paesi arabi. Mattei ormai si muove come uno statista. Incontra i principali leader dei paesi del Medio Oriente. Questo comportamento disinvolto gli crea immediatamente l’inimicizia dei colossi come Standard Oil, Texaco e Chevron. Enrico Mattei “diventa” un problema per il governo degli Stati Uniti. Le compagnie petrolifere americane iniziano una campagna di discredito nei confronti del capo dell’Eni. Il dirigente accetta la sfida e fonda un suo quotidiano (“Il Giorno”) per rispondere alle campagne diffamatorie nazionali e internazionali; aumenta la sua attività nei paesi del nord Africa e nel Medio Oriente.

Con queste mosse crea imbarazzo alla politica italiana, che a metà degli anni Cinquanta è totalmente subalterna alla Casa Bianca.

Nel 1958 Mattei concentra i suoi sforzi energetici anche per il nucleare fondando la Simea. Iniziano i lavori per la costruzione della centrale Elettronucleare Latina che diventò operativa nel 1962.

All’inizio degli anni Sessanta Mattei comincia a ricevere minacce in varie forme e modi. L’uomo sembra non dare troppo peso a tali avvenimenti. L’8 gennaio del 1962 appare evidente il tentativo di ucciderlo. Nel motore del suo aereo personale è rinvenuto un cacciavite. Questa volta il fondatore dell’Eni è molto preoccupato. Nel mese di settembre Mattei ha un colloquio con il capo del Kgb in Italia che lo mette in guardia con parole chiare: “Contro la sua persona sono in corso vari progetti di neutralizzazione”.

Il mese seguente compie un giro “propagandistico” in Sicilia, dove in diversi discorsi pubblici, promette il “miracolo economico” anche per l’isola. Il viaggio sotto questo punto di vista è un vero e proprio bagno di folla. Sarà la sua ultima apparizione pubblica.

Il 27 ottobre mentre era in volo verso Milano, all’altezza delle campagne di Bescapè (Pavia), l’aereo precipita. I tre uomini a bordo (il pilota, un giornalista Usa e lo stesso Mattei) muoiono nell’impatto.

L’inchiesta per stabilire le cause della tragedia occupò le cronache italiane e internazionali per anni. La tesi del complotto e quindi dell’omicidio si scontrarono con quelle dell’incidente dovuto ad un guasto tecnico.

Dopo processi, inchieste parlamentari e giornalistiche, nel 2005 la magistratura ha stabilito la natura dolosa dell’incidente: vennero ritrovati segni di esposizione a esplosione su parti del relitto, sull’anello e sull’orologio di Enrico Mattei.

 

 

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