Record crollo consumi. 2 italiani su 3 tagliano la spesa alimentare

Otto italiani su dieci, l’81%, non buttano il cibo scaduto

ROMA – Fa davvero impressione quanto emerge da una analisi della Coldiretti sui dati Istat sul commercio al dettaglio che registra un  crollo record delle vendite nei piccoli negozi alimentari. E non è la prima volta che questo allarme viene lanciato.

Due italiani su tre, ovvero il 67% hanno tagliato la spesa in qualità e quantità, con pesanti effetti su tutta la filiera agroalimentare dal campo alla tavola. Numeri significativi che non dovrebbero essere sottovalutati e che riguardano anche la grande distribuzione alimentare. Stando allo studio si salvano solo i discount.

“Le difficoltà economiche – sottolinea la Coldiretti -hanno obbligato gli italiani a tagliare anche la spesa con tre milioni di famiglie costrette a fare acquisti negli hard discount, in aumento del 48 per cento rispetto all’inizio della crisi. A cambiare non è solo la qualità dei prodotti acquistati ma nel primo semestre del 2014 il carrello della spesa – precisa la Coldiretti – si è ulteriormente svuotato con una flessione degli acquisti per latte e formaggi (-5 per cento),e per l’ortofrutta (-2 per cento), nonostante la generale riduzione dei prezzi. In calo addirittura le uova (-3 per cento) che tradizionalmente sostituiscono la carne nei momenti di difficoltà economica. Un segnale di difficoltà che è confermato dal fatto che – continua la Coldiretti – piu’ di otto italiani su dieci (81 per cento) non buttano il cibo scaduto con una percentuale che è aumentata del 18 per cento dall’inizio del 2014, secondo il rapporto 2014 di Waste watcher knowledge for Expo. Una leggera inversione di tendenza positiva è attesa per la seconda parte del 2014 perché – conclude la Coldiretti – sarà proprio la spesa alimentare, che rappresenta la seconda voce dei budget familiari, a beneficiare maggiormente del bonus di 80 euro al mese per alcune categorie di lavoratori dipendenti, disoccupati e cassintegrati  che destinano una quota rilevante del proprio reddito all’acquisto del cibo”.

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