Il bio non teme la crisi, aumentano i consumi (+7,3%)

ROMA – Una importante conferma sulla bontà della economia green viene questa volta dal mercato dei prodotti biologici. Anche il  2012, con una spesa aumentata del 7,3 per cento, dopo il +9 per cento messo a segno nel 2011, la crisi non ha ridotto le sue potenzialità.

Lo conferma l’ultima rilevazione Ismea/Gfk-Eurisko riferita agli acquisti di prodotti presso i punti di vendita della grande distribuzione organizzata, che indica andamenti particolarmente favorevoli in valore per biscotti, dolciumi e snack (+22,9 per cento) e bevande analcoliche (+16,5 per cento); bene anche pasta, riso e sostituti del pane (+8,9 per cento), frutta e ortaggi (+7,8 per cento), e lattiero-caseari (+4,5 per cento), mentre chiudono con -1,9 per cento le uova che comunque restano i prodotti più consumati con il 13 per cento della spesa complessiva.
Ismea registra una forte concentrazione degli acquisti, con 20 prodotti che coprono quasi tre quarti della spesa totale. I più gettonati sono confetture con l’8,8 per cento di incidenza e +15,7 per cento della spesa e latte, rispettivamente con e +9 per cento; fuori dal podio lo yogurt, con l’8,2 per cento di quota in calo del 4,1 per cento. La maggiore propensione al consumo bio si registra al Nord pari al 70 per cento del mercato, seguito dal Centro Italia (23 per cento) e Sud (7 per cento) dove gli acquisti sono calati su base annua del 7,1 per cento.
Tra esportazioni e consumi interni il giro d’affari complessivo ammonta a circa 3 miliardi di euro, un fatturato che pone l’Italia al quarto posto al livello europeo dietro Germania, Francia e Regno Unito e in sesta posizione nella classifica mondiale.

Secondo  un studio dell’ICE (l’agenzia per la promozione e l’internazionalizzazione) la Germania si conferma come lo sbocco più interessante per l’export di prodotti biologici italiani, con un volume di vendite di poco superiore ai 20 milioni di euro. I principali prodotti bio esportati dall’Italia in Germania sono: conserve di pomodoro e pelati, mosti di uva, olio di oliva, paste di frumento, riso e vini. Per la frutta fresca e refrigerata l’Italia figura al secondo posto dopo la Spagna e per gli ortaggi freschi o refrigerati al terzo posto dopo la Spagna ed i Paesi Bassi.
Le informazioni quantitative sui flussi internazionali di prodotti biologici sono assolutamente carenti perché i prodotti biologici non sono individuabili con un codice doganale diverso da quelli non biologici. Si stima tuttavia che il valore dell’export dovrebbe essere di poco inferiore al miliardo di euro. Secondo i dati dell’Ice l’attività di export delle imprese biologiche italiane è comunque rilevante. Nei punti vendita specializzati di tutto il mondo è davvero raro non trovare sugli scaffali prodotti bio tricolori. Di alcune imprese è nota l’esportazione in decine di mercati esteri, quali ad es., Francia, Spagna e Stati Uniti.
Inoltre, l’Istituto evidenzia che benché l’Italia vanti la più vasta superficie coltivata con metodi ecologici nell’Unione Europea, l’esportazione di prodotti biologici non è altrettanto elevata come nel settore tradizionale. Per quanto riguarda la sicurezza dei prodotti, gli enti di certificazione italiani, secondo l’Ice, dovrebbero avviare una cooperazione con gli enti tedeschi, consentendo controlli reciproci, e riunendo sotto lo stesso tetto le associazioni del settore biologico per dare vita ad un gruppo di qualità, concordando disposizioni comuni attuabili in base ad un impegno in prima persona. L’obiettivi prioritario per il biologico italiano deve essere quello di portare la quota di esportazione di prodotti biologici almeno al livello dei prodotti alimentari tradizionali.

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