ROMA – Il mercato del lavoro in Italia non va meglio che negli altri grandi Paesi europei: la Penisola ha perso mezzo milione di posti in due anni e ha un tasso di sottoutilizzo che supera l’11%, come in Francia e peggio che in Germania e in Gran Bretagna.
A dirlo, rilanciando il tema della disoccupazione reale superiore al tasso ufficiale dell’8,5% se si includono anche i lavoratori scoraggiati e cassintegrati, è il governatore di Bankitalia Mario Draghi. Che questa volta non incassa commenti sarcastici (dati «esoterici», aveva detto il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi), ma un’apertura da parte del responsabile dell’Economia Giulio Tremonti: «così come esposti oggi» – dice il ministro nel suo intervento alla Giornata mondiale del risparmio parlando dopo il governatore – i dati sono «assolutamente condivisibili» perchè «sono stati rimossi alcuni equivoci». Però – precisa Tremonti – l’artigianato lamenta 400.000 posti vacanti: «se la tua prospettiva è il posto fisso in una fondazione bancaria – dice Tremonti – la chance di disoccupazione è molto alta». Dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano arriva all’Acri un messaggio che chiede «maggiore disciplina, sia nella gestione delle risorse pubbliche sia nell’attivit… finanziaria privata». Ma il problema «centrale» per lo sviluppo in Italia, che quest’anno e il prossimo non si allontanerà da una crescita dell’1%, secondo Draghi resta la disoccupazione: genera «diffusa incertezza sul futuro», con i redditi reali al palo e i consumi che «ristagnano». Fra il secondo trimestre del 2008 e il quarto del 2009 si sono persi 560.000 occupati che la «debole ripresa» di quest’anno (+40.000) non riesce a riassorbire, spiega il governatore. A fotografare le difficoltà è anche l’Istat: nei primi otto mesi dell’anno gli occupati hanno segnato un calo dell’1,8% sul 2009 (-1% contando la Cig). Inevitabile lo sprone di Draghi a proseguire nell«’ammodernamento» per ridare competitività al sistema produttivo, partendo da una constatazione: un mercato globale in cui alcuni Paesi hanno fatto dei tassi di cambio – dice il governatore – «vero e proprio strumento di politica economica». L’accostamento è con le svalutazioni competitive, quella ‘guerra dei cambì diventata ormai – nell’analisi di Tremonti – «confronto fra enormi blocchi continentali» con protagonisti Usa, Asia ed Europa. Tremonti rivendica «tre finanziarie e i 13 provvedimenti economici» e prende le distanze dalle manovre di «stimolo», parola che «in sè ha già qualcosa di ridicolo e di grottesco». Lo slancio riformatore passa dal Consiglio Ue che inizia oggi e dovrà sciogliere il difficile nodo della riforma del Patto di stabilità: un fronte dove «verrà saggiata la coesione dell’Unione», dice Draghi. Ma Tremonti sembra rassicurare: «l’Europa ha cessato di parlare per voci singole: non è una voce unica ma un coro abbastanza intonato».