Psicologia. Il primo amore siamo noi stessi

ROMA – Esiste una nevrosi chiamata “sindrome da risarcimento perenne”. E cosa sarà? Si tratta di un accumulo di rivendicazioni, richieste spropositate che vengono espresse in età adulta da figli, parenti che “pensano” di avere subito torti ed ingiustizie nell’infanzia. Un bambino può “sentirsi” non amato abbastanza, preferito da un fratello o una sorella, può “credere” di essere stato escluso, incompreso, canzonato o per qualche misteriosa congiura “essere certo” di essere stato rifiutato o abbandonato.

Un figlio, una figlia, un fratello, una sorella, possono sviluppare nell’infanzia una sorte di rivalità con quelli che definiscono in cuor loro  “I nemici, i cospiratori a danno della loro felicità”. Può accadere che la fantasia che possiedono nel mettere zizzania e insinuare inesattezze, menzogne mettano a dura prova la pazienza dei loro genitori.

In questa tipologia di persone è forte l’aggressività, la competizione, la rabbia, l’astio e un rancore incomprensibili. Matura in questi eterni bambini una voglia di sanguinosa vendetta, un astio implacabile. Niente sarà mai abbastanza  per risarcirli delle nefandezze, dei soprusi che sono convinti di aver subito e per i quali reclamano giustizia e un risarcimento eterno. Per qualcuno può essere il fatto criminoso di avere avuto una tata quando erano piccoli a vegliare su di loro mentre i genitori lavoravano oppure un “fratellastro” arrivato in un secondo tempo, all’improvviso, a guastare la festa dell’esclusività,  oppure una sorella talentuosa in qualche disciplina ludica, o a scuola colpevole di ottimi voti e apprezzamenti da parte degli insegnanti o ancora rea di essere più carina, forse più magra, più incline alla lettura o allo sport.

E’ questo “più” o questo “meno” ad alimentare la guerra della rivendicazione. Perchè lei o lui , e io no? Essere o non essere; piuttosto avere o non avere ciò che ha lei o lui e che non voglio riconoscere come “suo” ma voglio che sia solo  “mio”. Quest’ ira furibonda covata a lungo può abbattersi minacciosa anche sui propri genitori ignari dei loro peccati. Spesso sono genitori di successo nella propria professione, benestanti grazie a meriti riconosciuti, genitori generosi e disponibili che hanno sempre dato senza contare, aiutato e soccorso quando spesso avrebbero dovuto saper dire di no. Ed ecco gli adorabili cuccioli trasformarsi in bestie feroci appena si presenta l’occasione e se non si presenta se la inventano. Quello che conta è una sola cosa: PUNIRLI.

Puntano il dito riesumando presunte, vecchie malefatte, giudicano, offendono, vaneggiano nel sotterraneo della rabbia accecati dall’odio ribaltando i fatti, truccando la verità a loro piacimento: illusionisti. Cosa fare? Niente. Credetemi, nessun ragionamento, nessuna “prova”, apertura, gentilezza, dimostrazione di affetto, comprensione, perdono riuscirà mai a placarli tranne che per un tempo indeterminato che terrà sotto le ceneri il vulcano che ribolle. Neppure la nostra morte ci riuscirebbe. Sanno perfettamente di essere in malafede, sanno che il problema non siamo noi genitori o fratelli o sorelle. Sanno che tutto il rancore, l’odio che li divora è quello che provano per loro stessi malgrado i riconoscimenti, gli apprezzamenti di tutti. Ai nostri figli, sorelle, fratelli, detrattori, l’augurio di una consapevolezza che possa guarire le loro ferite, l’immensa sofferenza che si portano nel cuore e sulle spalle e che vorremmo potere alleviare.

Condividi sui social

Articoli correlati

Università

Poesia

Note fuori le righe