ROMA – C’era stato un temporale estivo nel pomeriggio; squarci viola nel cielo e rulli di tamburi e grandine come perle impazzite a rotolare sui tetti. Poi la voglia di partecipare fisicamente alla festa mescolandomi al vento e alla pioggia tiepida per le strade deserte della città. camminavo felice a piedi nudi per la via del Corso e piazza di Spagna accumulando piacere e freschezza, facendo mie tutte le pozzanghere color acciaio sorte fra i sampietrini consumati. Era venuta l’ora dell’arcobaleno. Il posto migliore per goderne era il bar dello zodiaco in cima alla collina di Monte Mario. Salii a bordo di Penelope, il mio maggiolone degli anni 70.
L’inseguimento iniziò sul lungotevere. Al primo semaforo si fermò accanto a me un uomo che vidi solamente con la coda dell’occhio sporgersi dal finestrino della sua auto e gesticolare nella mia direzione. La scena si ripetè ad ogni semaforo rosso e io chiusi il finestrino dalla parte destra della mia macchina e rimasi impassibile. Parcheggiai davanti al bar deserto. I tavoli e le sedie erano ancora gocciolanti di pioggia e mi affacciai su Roma divenuta
rosa e un arcobaleno memorabile; un gigantesco ponte color ghiaccioli che consentiva alla terra di raggiungere il cielo per pochi minuti. Riconosco l’uomo dell’inseguimento che raggiunge il mio tavolino trafelato e sento la sua voce rotta dall’ emozione: “Mi scusi Signora, ma è una vita che la inseguo e che la sogno, che la desidero più di ogni cosa al mondo. Sono pronto a fare follie per lei, rappresenta la perfezione, la bellezza assoluta, la grazia che non tramonta mai: tutto è sublime in lei; le rotondità, la grinta, l’eleganza ma cosa dico, di più, di più, una classe intramontabile e un aria, come dire, giovane e anticonformista, si, qualcosa di antico ma moderno, innocenza e trasgressione…sono pronto a tutto pur di averla, la prego mi dica una cifra, posso pagare qualunque prezzo glielo assicuro, lei è esattamente quello che ho sempre sognato, desiderato sia fuori che dentro e ora che le sono vicino vedo che è rimasta intatta, priva di interventi che avrebbero offeso la sua leggiadria. La supplico, mi dica quanto vuole e le faccio subito un assegno. Non mi respinga la prego, la supplico, me la faccia vedere: posso toccarla, entrare dentro solo per pochi istanti e respirare il suo profumo, almeno questo la prego ? “
Io, non ho parole per esprimere la mia indignazione e rimango pietrificata dall’orrore per alcuni secondi. E allora, lo vedo girarmi le spalle, avvicinarsi alla mia macchina, accarezzarla con dita tremanti, sussurrarle parole che non posso udire e timidamente aprire la portiera e sedersi davanti al grande volante nero. No, non mi sbaglio, sta piangendo come un bambino che ha ritrovato la madre persa nel mezzo della folla di una grande stazione ferroviaria.