“Lavoro con e per le vittime dei conflitti” dice e la sua sfida principale sarà quella di mantenere la sua credibilità di fronte alle pressioni politiche
Una nuova procuratore capo alla Corte Penale Internazionale (ICC). Si tratta dell’avvocato del Gambia Fatou Bensouda, 50 anni. Bensouda sostituisce l’argentino Luis Moreno Ocampo, che ha ricoperto lo stesso incarico per nove anni. Eletta nel 2011 per consenso dall’Assemblea dei 121 Stati membri della Corte, Bensouda è la prima donna a guidare l’unico organo permanente deputato a giudicare i crimini di genocidio, di guerra e contro l’umanità. Dal prossimo 15 giugno la nuova procuratore prenderà possesso del suo incarico e dovrà affrontare la sfida di mantenere la sua credibilità e indipendenza.
Nata a Banjul, capitale del Gambia, e sposata con due figli, ha alle spalle una carriera e una professionalità importante. E ‘stata avvocato, esercitando la sua funzione nel Tribunale penale internazionale per il Ruanda, istituito nel 1994 per giudicare il genocidio dei tutsi da parte del governo hutu, e Segretario di Stato per la Giustizia nel suo paese dove ha anche ricoperto la carica di avvocato e procuratore generale. Dopo aver studiato diritto in Nigeria e ottenuto la licenza all’esercizio della professione forense ed è diventata la prima donna dal Gambia specializzato in diritto marittimo.
Dal 2004, è stata la seconda procuratore della Corte penale internazionale e conosce a fondo i meccanismi dell’istituzione. In questi anni, ha sempre espresso la sua preoccupazione per i crimini di genere e la violenza sessuale subita da migliaia di donne e bambine nelle guerre. La sua prima dichiarazione è stata proprio in questo senso: “Voglio lavorare con e per le vittime dei conflitti senza considerazioni geografiche”.
Sul suo tavolo ci sono già sette casi aperti e sette in fase di studio preliminare. La prima questione su cui dovrà lavorare riguarda il reclutamento di bambini soldato, il cui giudizio è atteso a breve. L’imputato è Thomas Lubanga, ex leader dell’Unione dei Patrioti congolesi e l’accusa ha chiesto 30 anni di carcere. Se Lubanga “mostra rimorso e cerca di riparare il danno fatto ai bambini delle comunità colpite” l’equipe legale che fa capo a Bensouda sarebbe disposta a chiedere una riduzione a 20 anni di carcere.
In piena celebrazione del decimo anniversario della Corte, inaugurato nel 2002 a L’Aia, l’avvocato si prepara ad aprire un altro processo fondamentale. Questa volta l’imputato è Laurent Gbagbo, presidente della Costa d’Avorio accusato di crimini contro l’umanità dopo le elezioni nella sua patria nel 2010. I fatti risalgono al tempo della guerra civile scatenata quando il candidato rivale, Alassane Ouattara, ha sostenuto la sua vittoria alle elezioni.
Bensouda raggiunge l’acme della sua carriera internazionale in un momento delicato per la Corte penale internazionale. Quattro inviati speciali dell’istituto, tra cui il giurista spagnolo Esteban Peralta, sono detenuti in Libia con l’accusa di avere consegnato informazioni riservate al figlio di Gheddafi. La disputa ha scatenato un’offensiva diplomatica con Tripoli per ottenere la liberazione dei prigionieri. “Operiamo in un contesto politico, ma il nostro dovere è quello di applicare lo Statuto di Roma, il testo fondante della Corte. Il nostro unico argomento è la legalità” ha detto Bensuoda.