Il potere della lobby delle armi negli Stati Uniti

CITTA’ DEL MESSICO – Modificare la legge sul possesso di armi da fuoco negli Stati Uniti è praticamente impossibile. La National Rifle Association (NRA), l’associazione che rappresenta i produttori e i venditori di armi, è la lobby più potente del paese nord americano. Ogni anno raccoglie e investe quaranta volte quello che le associazioni per il controllo delle armi hanno a disposizione.

La NRA nasce nel 1871 con lo scopo di creare corsi di maneggio delle armi ed eventi sportivi, ma è negli anni ’70 che avviene la “svolta politica”. Nel 1968, in seguito alla uccisione di John F. Kennedy e Martin Luther King, nell’ordinamento americano viene introdotto il Gun Control Act, la prima legge che stabilisce delle regole in materia di possesso di armi come, ad esempio, l’obbligo di licenza dei rivenditori, la registrazione delle vendite e la tenuta di un inventario, oltre a definire i requisiti dell’acquirente (che deve essere cittadino americano o residente e non avere precedenti penali). E’ in questo periodo che la NRA decide di concentrare le proprie forze nell’attività di contenimento della legislazione volta al controllo delle armi, piuttosto che organizzare corsi e eventi sportivi.

Oggi, con i suoi quattro milioni di membri, la NRA sostiene i candidati alle elezioni, organizza campagne ed eventi. La propaganda, in centoquaranta anni di storia, ha dato i suoi frutti: se nel 1959 il 60% degli americani era favorevole a limitare l’uso delle armi alle sole forze di polizia, oggi questa cifra è scesa al 30%. E se nel 1988 solo diciotto stati avevano delle leggi molto permissive sulla possibilità di circolare armati, oggi sono quaranta (Stati in verde nella cartina). Secondo Robert Spitzer, autore del libro “The politics of gun control”, la NRA ricorre alla “retorica allarmistica” per mobilizzare il propri membri: sostenere la teoria di essere continuamente sotto attacco e il timore di perdere i diritti acquisiti sono temi che mantengono viva la partecipazione e non abbassano i livelli di guardia.

Il possesso di armi da difesa è un diritto previsto dal secondo emendamento della costituzione americana. Com’è noto, i Repubblicani fanno del “possesso di armi” una loro bandiera. I Democratici sanno che, per ottenere la maggioranza, non possono fare a meno dei collegi composti da persone favorevoli a leggi permissive in materia di armi da fuoco. Il dibattito è sempre aperto e, si badi bene, non riguarda il mettere fuori legge tutte le armi – sarebbe incostituzionale – bensì il porre dei limiti. I limiti proposti dalle associazioni che si battono per una maggiore regolamentazione riguardano, ad esempio, la quantità di munizioni che si possono acquistare contemporaneamente, vietare la vendita di armi a chi ha malattie mentali e togliere dal commercio le armi automatiche. La discussione si riaccende puntualmente all’indomani di stragi da parte di squilibrati, tipo quella di Columbine o del Virginia Tech, nelle quali persero la vita rispettivamente dodici e trentadue persone.

In base ad un sondaggio del Newsweek, l’86% degli americani sarebbe favorevole ad introdurre un “database” delle persone con malattie mentali e vietare la vendita di armi a questi individui; il 51% sarebbe d’accordo nel mettere al bando la vendita di caricatori ad alta velocità.

Barack Obama aveva messo in agenda l’intenzione di affrontare questo tema, ma per ora nulla è stato fatto e difficilmente affronterà lo spinoso problema prima delle elezioni presidenziali del 2012 se vuole essere rieletto. L’esperienza di Bill Clinton insegna: nel 1994 Clinton decise di vietare per dieci anni la vendita di diciannove tipi di armi e caricatori con capacità superiore a dieci munizioni (legge Brady). Malgrado molti colleghi di partito lo avessero messo in guardia sul rischio di perdere importanti seggi, Clinton non si fece scoraggiare e, alle elezioni della Camera dei Rappresentanti, fu una debacle: i Democratici persero cinquantaquattro seggi con i quali i Repubblicani ottennero la maggioranza. “Avevano ragione i miei compagni di partito” ammise poi nella sua autobiografia. Anche la sconfitta di Al Gore alle elezioni presidenziali del 2000, secondo molti osservatori, è riconducibile alla sua posizione favorevole alla regolamentazione dell’uso delle armi da fuoco.

L’ufficio per il controllo di Alcol, Tabacco e Armi (ATF) ha spesso le mani legate. Quando, durante i controlli annuali, rileva importanti infrazioni da parte dei rivenditori, raramente si arriva alla revoca della licenza, visto che in difesa dell’associato scendono in campo i potenti avvocati della NRA. Quando, in casi estremi, la licenza viene revocata, molte rivendite riaprono intestando l’attività alla moglie o al figlio, come ha documentato il Washington Post.
Il centro Brady che si batte per prevenire la violenza, ha calcolato che il 75% dei rivenditori non è in regola con la legge. L’1% dei commercianti autorizzati è stato correlato alla vendita del 60% delle armi legate al crimine. Pur conoscendo i nomi dei venditori corrotti l’ATF non può fare nulla per fermarli.

Nel 2004 il congresso ha introdotto, sotto la pressione della NRA, l’emendamento Tiahrt che vieta la pubblicazione dei dati relativi alla tracciabilità delle armi. Quindi, ora, non è più possibile conoscere il nome dei commercianti particolarmente “inclini” a rivendere armi alla malavita, limitando il potere di inchiesta dei media.

Uno dei maggiori oppositori all’emendamento Tiahrt è Michael Bloomberg – attuale sindaco di New York – attraverso l’associazione Mayors Against Gun (gruppo di sindaci che si batte per la detenzione incontrollata di armi) di cui è uno dei fondatori e il principale finanziatore. Oltre a sponsorizzare un serie di iniziative per realizzare un cambio dimentalità, Bloomberg ha introdotto a New York una nuova legislazione che regolamenta, in maniera più restrittiva, la vendita di armi. In base alla legge del 2006, i rivenditori sono tenuti ad inviare i loro inventari alla polizia due volte all’anno; inoltre non possono vendere più armi alla stessa persona nell’arco di novanta giorni (e non cinque come nella maggioranza degli Stati). Nella Grande Mela la tassa comunale per il possesso di armi in casa costa ben 450 dollari (mentre nel resto del paese costa al massimo 10 dollari), prezzo che, da solo, scoraggia l’acquisto. L’obiettivo di Bloomberg è stato raggiunto visto che, nel 2009, New York ha registrato il tasso di criminalità più basso di sempre.

Condividi sui social

Articoli correlati