HOMS – Piovono bombe, come mai, sui quartieri di Baba Amr, Inshaat, Khaldiyeh e Bayyada di Homs, ribattezzata la “capitale della rivoluzione”: 14 manifestanti questa mattina sarebbero rimasti uccisi.
Dura la reazione per la risoluzione di condanna ad Assad, votata questa notte: 138 voti a favore, 12 contrari e 17 astenuti, nella notte l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione non vincolante che condanna la repressione di Damasco contro la sua popolazione. Il testo ricalca quello bloccato il 4 febbraio al Consiglio di Sicurezza dal veto di Russia e Cina. Un testo elaborato dall’Arabia Saudita e presentato dall’Egitto, e da cui prendono le distanze Cina, Russia, Iran, Corea del Nord, Cuba e Venezuela: «La risoluzione riflette l’allarmante tendenza di provare a isolare la leadership siriana, rifiutare ogni contatto con questa e imporre dall’esterno una formula per una soluzione politica». Critiche arrivano dalla Russia, per l’ambasciatore russo alle Nazioni Unite, Vitaly Churkin. Anche la Cina si oppone ad un intervento armato in Siria secondo il vice ambasciatore cinese all’Onu, Wang Min, che ha apposto il veto, insieme al collega russo, alla risoluzione approvata all’Assemblea dell’Onu. Il segretario generale della Nat, Anders Fogh Rasmussen, ha spiegato che la Nato disponeva lo scorso anno di un mandato chiaro del Consiglio di sicurezza per le sue operazioni contro le forze dell’ex leader libico Muammar Gheddafi. «Ma c’è una differenza che riguarda la Siria», ha sottolineato il segretario generale, sottolineando che «queste condizioni non esistono per la Siria».
Dalla Cina fanno sapere che « condannano tutti gli atti di violenza contro civili innocenti e chiedono al governo e a tutte le fazioni politiche in Siria di mettere fine immediatamente e a pieno a tutti gli atti di violenza e ristabilire velocemente la stabilità e l’ordine sociale normale» . Nel pomeriggio di ieri, al ‘Centro Siriano per i Media e per la Libertà d’espressione’ è stato arrestato l’attivista Mazen Darwish, alcuni collaboratori e la blogger Razan Ghazzawi. Potrebbero essere detenuti a Kafr Souseh o a Mezzeh, alla periferia di Damasco. Razan, da tempo mobilitata per le cause curde, palestinesi e omosessuali –rischia dai tre ai quindici anni di carcere per aver “indebolito il sentimento nazionale”, “creato un’organizzazione che mira a cambiare lo stato sociale ed economico del Paese” e “ravvivato le dissensioni confessionali”. La proposta del presidente Bashar Assad di un referendum sulla nuova costituzione siriana è stata accolta da critiche e derisione da parte degli Stati Uniti e del Syrian National Council (SNC), una specie di governo in esilio.
Ma non dimentichiamo che gli uomini che sfidano Assad, che è alawita, sono sunniti, come i sostenitori del regime di Saddam Hussein, e che contro di lui si schierano anche i Fratelli Musulmani e i qaedisti e che un intervento delle potenze straniere in Siria potrebbe causare una profonda instabilità nel Medio oriente e mettere alla prova la già debole economia globale.