Cina. Multa confermata ad Ai Weiwei. L’archistar: “non pagherò”

PECHINO – Ai Weiwei la pagherà cara. Esattamente 15,52 milioni di yuan (circa 1,8 milioni di euro).

E’ quanto ha stabilito questa mattina la seconda corte intermedia di Pechino alla quale il famoso artista-dissidente cinese, accusato di evasione fiscale, aveva già fatto ricorso in appello mesi fa. Il tribunale ha preso la sua decisione senza tenere un’audizione e contattando l’archistar senza il necessario preavviso, come raccontato dal suo legale Liu Xiaoyuan. “Dopo il primo appello abbiamo presentato al giudice ulteriori elementi di prova. Secondo il regolamento, ci sarebbe dovuta essere un’altra udienza, ma non c’è stata” ha spiegato Liu. “La legge prevede che venga inoltrata una comunicazione ufficiale scritta tre giorni prima del verdetto, ma soltanto ieri sera abbiamo ricevuto una telefonata del giudice nella quale ci veniva detto che oggi si sarebbe tenuta un’udienza”.

Parole di sconforto quelle dell’artista, conosciuto per essere una delle voci più provocatorie della Cina e pertanto inviso al governo: “Ho raggiunto una maggior consapevolezza ora che sono vulnerabile come tutte le altre persone comuni di questo paese” ha commentato Ai, definendosi “esaurito”.  “Sapevamo che si trattava di un battaglia persa in partenza- combattendo noi come privati cittadini contro il sistema legale- ma è molto frustrante riscontrare un comportamento così arbitrario in tutta la trattazione del caso”. E ancora: “noi abbiamo fatto una gran fatica a trovare le prove che documentassero l’attività finanziaria della nostra azienda, ma il giudice non ha, in realtà, mostrato alcuna prova concreta per stabilire la nostra condanna. Stanno violando apertamente la legge infrangendo i diritti di base dei contribuenti e ignorando richieste legittime”.

Ma l’artista non molla e fa sapere che non pagherà la multa, preannunciando un lungo braccio di ferro con le autorità. “Non abbiamo intenzione di pagare la multa perché non riconosciamo le accuse” ha commentato Ai in giornata. Il novembre scorso circa 30.000 fan avevano sostenuto la sua sfida legale donando 9 milioni di yuan, cifra che gli diede la possibilità di versare metà della somma richiesta.

Ai Weiwei, la cui fama ha raggiunto proporzioni mondiali grazie al suo contributo nella progettazione dello stadio “Nido d’uccello”, si trova da oltre un anno sottoposto a libertà vigilata, con il divieto di lasciare la Cina. Scomparso all’inizio dell’aprile 2011, dopo essere stato preso in custodia dalla polizia mentre era in partenza per Hong Kong, è stato sottoposto a 81 giorni di detenzione extra-giudiziaria. In seguito al rilascio ha dovuto fare i conti con severe restrizioni: vietato rilasciare dichiarazioni ai media o twittare informazioni sulla sua detenzione oltre al controllo di mail e telefono.

Da oltre un anno la sua società, la Fake Cultural Development Ltd., è in lotta con l’agenzia delle entrate di Pechino, dal quale è stata accusata di evasione fiscale e di aver “distrutto intenzionalmente i documenti contabili”. Ma sono in molti ad inquadrare l’accanimento delle autorità cinesi contro l’archistar nel più ampio giro di vite scatenato dal Partito lo scorso anno, in seguito alla tiepida “rivolta dei gelsomini” made in China. Nel 2008 Ai aveva suscitato le ire del governo a causa di un’ inchiesta-istallazione sulla morte dei 5 mila bambini rimasti vittime nel crollo delle scuole durante il terremoto del Sichuan. Una disgrazia della quale sarebbe stata complice la scarsa qualità dei materiali utilizzati nelle costruzioni.


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