NEW DELHI – Dovranno essere nominati avvocati d’ufficio per garantire il diritto alla difesa degli imputati nell’imminente processo a carico degli autori dello stupro, il 16 dicembre a New Delhi, ai danni di una studentessa di 23 anni: nessuno dei 2.500 legali iscritti alla Corte Distrettuale di Saket, nel settore sud della capitale indiana, è infatti disposto ad assumerne il patrocinio.
L’ipotesi opposta «sarebbe immorale», ha spiegato un portavoce del locale Ordine Forense, Sanjay Kumar, nell’annunciare il boicottaggio del giudizio, che si aprirà domani con la presentazione del fascicolo ai magistrati da parte della polizia, un migliaio di pagine nelle quali è stato ricostruito il delitto, che ha indignato l’opinione pubblica in India e nel resto del mondo.
È la seconda volta nell’arco di pochi anni in cui si verifica un caso del genere nel Paese asiatico: nessun professionista volle infatti difendere nel 2008 l’unico estremista superstite coinvolto negli attentati di Mumbai, costati la vita a 166 persone. La ragazza e il fidanzato furono aggrediti da sei individui a bordo di un autobus, lui sopraffatto e pestato a sangue, lei ripetutamente violentata e seviziata con una sbarra di ferro per circa 40 minuti, prima di essere gettata dal veicolo in corsa. Ricoverata in ospedale a Singapore, la vittima è morta venerdì scorso dopo tredici giorni di agonia. I suoi aguzzini sono accusati di omicidio, violenza carnale e sequestro di persona pluri-aggravati, e rischiano la condanna alla pena capitale. Uno di loro avrebbe 17 anni, e dunque dovrebbe finire davanti a un tribunale per i minori, ma gli inquirenti stanno effettuando test clinici per accertarne l’età effettiva.