ROMA – Dalla “crescita a tutti i costi”, ad uno sviluppo più controllato che lasci maggiore spazio all’interesse sociale. “Garantire e migliorare il benessere delle persone è il punto di partenza e il fine ultimo del lavoro del governo. Occorre dare la priorità ad esso, sforzandosi di rafforzare lo sviluppo sociale” è il nocciolo del discorso pronunciato dal premier uscente Wen Jiabao in occasione dell’apertura dell’Assemblea nazionale del popolo (Anp), ciò che più si avvicina ad un Parlamento in Cina.
Poco meno di due ore per congedarsi e tracciare le priorità alle quali dovrà attenersi la nuova leadership cinese, in attesa di essere confermata al termine dei tredici giorni di incontri ai quali prenderanno parte quasi 3000 delegati. Il processo di transizione del potere, cominciato lo scorso novembre durante il XVIII Congresso del Partito, giungerà così a conclusione. Il legislatore cinese si limiterà di fatto ad approvare la distribuzione delle cariche già stabilita a porte chiuse, e che dovrebbe vedere il neo segretario generale Xi Jinping assumere la presidenza della Repubblica popolare e Li Keqiang succedere a Wen Jiabao a capo del governo.
Tanto i contenuti del messaggio di Wen quanto il bilancio per il 2013 presentato dal governo martedì sono il frutto di un consenso raggiunto tra Xi e il suo team. Non sono ammessi imprevisti o colpi di scena durante il “Lianghui”, termine che sta a indicare i due appuntamenti che riuniscono l’Anp e la Conferenza Consultiva Politica, la massima autorità con funzioni consultive, i cui lavori sono stati aperti domenica scorsa. Il legislatore, che per massima parte è composto da membri del Pcc e che vota secondo quanto dettato dalla leadership, dovrebbe approvare una razionalizzazione dei ministeri, che verranno probabilmente ridotti da 28 a 18. Una misura volta a snellire la macchina di governo e che colpirà principalmente il ministero delle Ferrovie, ricettacolo di corruzione, da accorpare al ministero dei Trasporti, e la Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme, il massimo organo di pianificazione economica di Pechino, che potrebbe vedere le proprie mansioni ridimensionate.
I nuovi leader assumono le redini del Paese in un momento in cui la popolazione cinese comincia ad avvertire sempre più la labilità della crescita economica, assicurata negli ultimi anni a discapito della sicurezza ambientale e di una distribuzione equa delle ricchezze. La corruzione è il nemico numero uno da debellare: l’ho ha dichiarato più volte Xi Jinping dall’inizio del suo mandato, ponendo l’accento sulla necessità di rispettare lo Stato di diritto. “Il potere deve essere limitato da una gabbia di regolamenti” aveva sentenziato Xi all’inizio del nuovo anno. Non ha mancato di ricordarlo quest’oggi Wen, il quale ha auspicato una maggiore indipendenza degli organi giudiziari, lamentando l’eccessiva concentrazione del potere nelle mani di pochi.
Ma colpire le mele marce della nomenklatura non basta. Occorre anche aumentare la qualità della vita, riscrivendo il paradigma di crescita sostenuto per due decenni da una corsa agli investimenti coadiuvata dal governo, causa “di uno sviluppo “squilibrato, scoordianto e insostenibile”. Una capacità produttiva eccessiva e il crescente divario di reddito sarebbero- secondo Wen- alla base dello scontento popolare, riflesso nella diffusione a macchia d’olio di proteste e “incidenti di massa”. “Alcune persone continuano a condurre una vita dura” ha commentato il Premier.
Wen non è nuovo a questo genere di discorsi. Per tre volte ha chiesto una riduzione degli sprechi, e un potenziamento del settore dei servizi, come fonte d’occupazione, ai quali vanno ad aggiungersi la costruzione di case popolari e la promozione di programmi sociali finalizzati a consentire un aumento dei consumi interni, traino per una nuova e più equilibrata crescita. Una menzione anche ad una possibile riforma dello hukou -il rigido sistema di registrazione che vincola la popolazione al proprio luogo d’origine limitandone l’accesso ai servizi di base- passo obbligato per incrementare il processo di urbanizzazione a sostegno dello sviluppo economico.
Obiettivi per il 2013: mantenere una crescita economica del 7,5%, stesso tetto stabilito per l’anno passato, che tuttavia si è concluso al di sopra delle aspettative con un 7,8%. La spesa pubblica complessiva aumenterà del 10%, toccando quota 13,8 trilioni di yuan (circa 1700 miliardi di euro). In leggero calo il budget per la Difesa, che raggiungerà i 720 miliardi di yuan (88,8 miliardi di euro), lievitando del 10,7%, rispetto al +11,2% dello scorso anno. Cifre che, tuttavia, non convincono pienamente gli analisti, secondo i quali gli investimenti di Pechino nel settore militare sarebbero ben più massicci. Nella giornata di ieri Fu Ying, portavoce dell’Anp, aveva preventivamente anticipato qualsiasi accusa, spiegando che “rafforzando la sua capacità di difesa, Pechino assicurerà maggiore stabilità nella regione e porterà più pace nel mondo”. Una manovra precauzionale volta a tenere testa all’avanzata di Washington che, con un bilancio per il Pentagono di 534 miliardi di dollari, continua a guidare la classifica mondiale della spesa militare.
Eppure, i principali rischi per la leadership sembrano annidarsi entro i confini nazionali. Ragione per la quale, per il terzo anno di seguito, l’apparato della sicurezza interna beneficerà di una spesa maggiore rispetto alla Difesa: 769 miliardi di yuan, in crescita dell’8,7% su base annua. I numeri suggeriscono che non sono soltanto le dispute territoriali con i vicini asiatici ad impensierire Zhongnanhai, il Cremlino cinese. Proprio le agitazione popolari, fomentate dai numerosi casi di corruzione e abuso di potere, costituiscono una dolorosa spina nel fianco del Dragone. Ma non solo. L’alto tasso d’inquinamento e l’impatto ambientale, prezzo da pagare per trent’anni di crescita forsennata, sembrano essere tra le principali cause di malcontento. E quindi “in risposta alle aspettative dei cittadini che richiedono un buon ambiente di vita, dobbiamo rafforzare l’ecologia e la tutela ambientale” ha scandito Wen “lo stato dell’ambiente ecologico influisce sul livello di benessere della gente e avrà ripercussioni anche sui posteri e sul futuro della Nazione”. Sarà necessario, pertanto, ridurre il consumo energetico e se non debellare, quantomeno, arginare il problema inquinamento che sta mettendo a rischio lo stato di salute di aria, acqua e suolo.
Delusione per quanti si aspettavano qualche indiscrezione sulle riforme politiche tanto sperate, e solamente accennate dal Premier uscente in chiusura alle 29 pagine del rapporto: “la Cina è entrata in una fase cruciale delle riforme, e dobbiamo ulteriormente emancipare le nostre menti”. Come, però, rimane un mistero. Wen si è limitato a dire che “il Paese dovrà impegnarsi in riforme a tuttotondo economiche, politiche, culturali e sociali”. Ma questa non è certo una novità.