La Merkel attacca Schroeder: La Grecia non doveva far parte dell’Euro

ATENE – Se fosse per lei la Grecia nella zona Euro non ci doveva proprio stare. La strada che porta alle elezioni tedesche del prossimo 22 settembre è sempre più intrisa della crisi greca.

L’indice della cancelliera tedesca Angela Merkel, in odore di terzo mandato se i numeri dei sondaggi saranno confermati dalle urne, è puntato dritto ai suoi predecessori, che avrebbero permesso l’ingresso di Atene nella cerchia della moneta unica nel 2001. Aprendo le porte, di fatto, all’attuale crisi economica.

C’era d’aspettarsi che la “patata bollente” ellenica, che da tempo scuote gli animi della Bundestag e del governo teutonico, entrasse prepotentemente nelle vicende interne della Germania. Da poco, infatti, il suo ministro delle finanze Wolfgang Schaeuble, anche lui facente parte del partito Cristiano Democratico della cancelliera, aveva annunciato nuovi aiuti per Atene. Un terzo aiuto del valore di circa 11 miliardi. Una notizia da poco preceduta da quella emanata dal suo omologo ellenico Yannis Stournaras, che al quotidiano economico tedesco “Handelsblatt” aveva prospettato un ritorno al mercato del debito, e quindi alla capacità di autofinanziarsi, nella seconda metà del 2014. Una buona notizia per l’elettorato tedesco, non proprio educato ai principi di solidarietà che fondano nell’Unione Europea, che avevano visto in questa notizia la classica luce in fondo al tunnel per le “cicale” greche. E quindi, di riflesso, maggiori certezze per i loro risparmi.

Non c’è andata leggera “Angie”. Timorosa di perdere i consensi a favore del partito degli Euroscettici, che fonda i suoi consensi su sentimenti anti-euro e della lotta alla Grecia il suo cavallo di battaglia, Angela Merkel ha cavalcato l’onda solcata proprio da “Alternative für Deutschland”, sparando alle gambe di chi, nel 2001, decise di ammettere le “cicale” greche nel club delle “formiche” europee.

Tra gli applausi della centinaia di supporter che l’hanno accolta nella cittadina di Rendeburg la lady di ferro di Amburgo ha lanciato la sua fiondata verso Atene, sottolineando come “Non bisognava permetterle di entrare nell’euro”. Un discorso, quello di ieri, incentrato nel voler rimarcare il distacco dall’Europa dei Pigs. Senza mai, però, omettere di “giustificare” la generosità tedesca, mossa dai principi di solidarietà che soggiaciono all’Euro. Nessun cedimento nemmeno sul versante del rigore e dell’austerity. “L’Euro è più di una valuta – ha spiegato la leader tedesca – per questo motivo abbiamo fornito solidarietà, ma la solidarietà è sempre legata alla responsabilità di applicare le riforme in quei Paesi che ricevono la nostra solidarietà”.

Poi il clou del suo comizio, con le dure accuse ai suoi predecessori. A finire nel mirino della leader cattolica è il socialdemocratico Schroeder di ‘”aver minato con la riforma del Patto di Stabilità i conti di Eurolandia, rendendola più fragile di fronte alla crisi dei subprime americani”. Gli esperti hanno interpretato questo graffio nei confronti di colui che guidò la Germania dal 1998 al 2005, nel fatto che l’ex cancelliere sia sceso in campo per dar sostegno al candidato Spd Peer Steinbrueck, accusandola di non esser stata chiara sui costi reali del piano di salvataggio della Grecia. Insomma un “parli proprio tu?” che è sta facendo il giro dell’Europa e che di certo non risuona con lo stesso tintinnio di quei principi fonda l’Europa dei Popoli.

Una critica, quella lanciata dalla cittadina al nord della Germania, che di riflesso va a colpire chi, assieme a Schroeder, ha permesso ad Atene di fare il salto decisivo verso l’addio alla Dracma e l’ingresso all’Euro. Secondo la ricostruzione offerta dalla Cancelliera fu la scelta di abbassare i parametri necessari per l’adesione ad aver portato oggi l’Europa in recessione. Fischieranno le orecchie quindi a Romano Prodi, al tempo presidente della Commissione Europea, che diede dello “stupido” al Patto, e all’ora Presidente francese Jacques Chirac, che assieme al cancelliere tedesco minarono nel 2005 la riforma del Patto di Stabilità quindi l’attuale tenuta dei conti dell’Eurozona. Se le premesse sono queste, da qui al gong di chiusura delle urne tedesche se ne sentiranno di cotte e di crude.

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