Lotta pirateria somala: rapporto ONU indica vincenti pirati su comunità internazionale

ROMA – Alla luce degli ultimi avvenimenti accaduti nel mare dei pirati appare chiaro che il fenomeno della pirateria marittima in Somalia è fuori controllo.

La situazione sta peggiorando non solo per le difficoltà che si incontrano a debellare il fenomeno, ma anche per i fatto che non sempre si riesce a processare i pirati arrestati. Poi, a pesare su tutto anche il fatto che si stanno saldando strettamente i legami tra pirateria e terrorismo. Il succo del momento che vive la comunità internazionale di fronte al dilagare del fenomeno è tutto concentrato nel discorso esposto lo scorso martedì da Jack Lang, ‘Special Advisor’ del segretario generale dell’ONU per le questioni legali relative alla pirateria al largo delle coste somale. Il diplomatico ha parlato a margine di un incontro con gli ambasciatori Ue a Bruxelles.

Lang ha ribadito il concetto che  occorre fermare il sentimento di impunità che spinge i pirati a diventare sempre più audaci e pericolosi. Un discorso che pone le sue fondamenta sul fatto che sono ancora pochi, pochissimi i pirati catturati e poi giudicati e condannati e questo infonde nei pirati un sentimento di impunità che li spinge ad essere sempre più temerari. L’ex ministro socialista francese ha infatti, spiegato che: “Malgrado gli sforzi, nove pirati su dieci sono rilasciati, in quanto troppo pochi Paesi accettano di giudicarli”. “Non passa un giorno senza che ci sia un attacco. Sono sempre meglio equipaggiati e meglio informati e sempre più violenti”, ha affermato il diplomatico che ha aggiunto: “Una delle condizioni per tentare di sradicare il fenomeno è di agire presto e in maniera forte.

Nessuna azione, in mare e in terra, deve essere scartata, e devono essere accompagnate da misure economiche”. Per il consigliere delle Nazioni Unite per la lotta alla pirateria marittima bisogna considerare anche interventi di sicurezza e di giurisdizione nella regione. “Occorre inoltre puntare alla cattura dei comandanti, che sono sei o sette persone conosciute”, ha spiegato l’inviato ONU. Jack Lang è l’autore di un rapporto presentato lo scorso 25 gennaio al Consiglio di sicurezza del Palazzo di Vetro. Un documento che analizza soprattutto le ragioni del fallimento internazionale nel contrasto della pirateria marittima nel mare del Corno D’Africa.  Il rapporto è stato presentato nel corso della seduta in cui si è discusso delle opzioni da seguire per processare i pirati catturati nel Golfo di Aden e nel Bacino Somalo. E’ questo, uno degli aspetti più complessi nel campo della lotta alla pirateria marittima. Il  documento di Lang, composto da 50 pagine, è il frutto di una missione, iniziata lo scorso mese di agosto e durata cinque mesi, in cui lo Special Advisor’ si è recato per ben due volte nel Corno D’Africa.

Una missione durante la quale ha incontrato i rappresentanti di almeno 50 Paesi invitandoli a cambiare il loro approccio al fenomeno e denunciando quanto esso potrebbe influenzare l’intera economia globale. L’azione di Lang si è in particolare incentrata sull’esame delle modalità di assistenza più efficaci, da parte dell’ONU e della Comunità Internazionale, a sostegno delle capacità giudiziarie della Somalia e degli altri Paesi dell’area impegnati nell’azione di contrasto alla pirateria marittima.Nel rapporto si legge che il fenomeno specie in Somalia non conosce declino e che sono almeno 1500 i pirati che operano al largo della Somalia al comando di una dozzina di capi. Il 2010 è stato l’anno in cui nelle zone di azione dei pirati si è registrato un aumento della violenza, i pirati sono ricorsi di più all’uso delle armi, della durata dei sequestri, ben oltre i 4 mesi, il ricorso alle nuove tecnologie Hi Tech, GPS, telefoni satellitari, l’ampliamento del raggio d’azione, verso Nord e verso sud,  e del giro d’affari, lo scorso novembre è stato pagato un riscatto di 9 milioni di dollari. Inoltre, si è registrato un aumento del numero delle persone prese in ostaggio.

Solo al largo della Somalia sono state prese in ostaggio quasi 1.200 persone, nel 2006 erano state solo 188. Nel rapporto Lang evidenziando l’importanza delle forze navali militari presenti come polizia dei mari dal 2008 e che hanno reso il traffico marittimo più sicuro propone di rafforzarle. Il diplomatico propone di convergere l’attenzione sulle due regioni semiautonome della Somalia, Puntland e Somaliland. Si tratta di fatto di due piccoli stati del nord  che da sempre si sono dette disposte a combattere il fenomeno della pirateria marittima. Lang propone di dare loro i mezzi finanziari e militari idonei per permettergli di ripristinare lo stato di diritto. Proprio nel Puntland sono localizzati i principali covi dei pirati.

Nel rapporto si parla anche nella creazione di tribunali specializzati, mentre si rigetta l’ipotesi di un tribunale internazionale, che sarebbe inadatto, troppo costoso e lungo da realizzare come sostiene l’inviato ONU. Pertanto, nel suo  rapporto l’ex ministro chiede che vengano creati, entro otto mesi, due tribunali speciali, uno in Puntland e l’altro in Somaliland, e la costruzione di due carceri di 500 posti ciascuno. Un operazione che, secondo le stime indicate nel rapporto, dovrebbe costare circa 25 milioni di dollari. Di fatto quello proposto da Lang è un piano d’azione formato da tre componenti: l’economica, la sicurezza,  giudiziaria e carcere. Nel documento prevale il concetto che non può esserci prevenzione senza repressione.

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