Cina, città paralizzate dallo smog: visibilità inferiore ai 20 metri

PECHINO – Scuole chiuse, aeroporti fermati. Esattamente come i bus e le maggiori autostrade, bloccate al transito, nella speranza che la situazione torni alla normalità e che la visibilità migliori. E’ il secondo giorno di allarme smog ad Harbin, 10 milioni di abitanti nella provincia di Heilongjiang, in Manciuria, nella Cina nordorientale. Non lontano dal confine con la Russia.

In questi giorni, in quella che è conosciuta come una città fredda e densamente industriale, la popolazione brulica tra una coltre di una nuvola che pare essere una densa nebbia, ma altro non è che il risultato dell’esasperata accelerazione di sostanze inquinanti nell’aria: 1000 microgrammi per metro cubo. Circa 50 volte maggiore di quello che l’Organizzazione Mondiale della Sanità considera la quota salubre. Una cappa di inquinamento che impedisce la visuale e che danneggia l’organismo.

Un pericolo destinato a peggiorare col sopravanzare dell’inverno, quando le intemperie costringeranno la popolazione ad aumentare ulteriormente le immissioni degli agenti inquinanti nell’aria, dovuti ai riscaldamenti domestici. Un problema che il Governo di Pechino sta cercando di risolvere promuovendo la sostituzione gratuita di vecchie stufe a legna con delle più moderni impianti a gas naturale. Ma in molti la considerano una soluzione troppo blanda.

L’inquinamento dell’aria si ripercuote anche nelle strutture sanitarie, che hanno visto aumentare a dismisura il numero dei degenti: il 30% di ricoveri in più negli ultimi periodi. Molti con difficoltà respiratorie e problemi alle vie aeree e nell’apparato cardiovascolare.

Ma al di là delle problematiche legate alla salute, tutt’altro che una novità, soprattutto per chi ha visitato anche se per brevi esperienze le maggiori città cinesi, quello che di fatto ha paralizzato le grandi megalopoli cinesi è stata la scarsa visibilità in strada, che può indurre a sfortunati incidenti. La situazione non è migliore infatti a Pechino, Tianjin e Hebei. Solo lo scorso mercoledì le autorità capitoline hanno diramato l’allarme rosso per la qualità dell’aria nei quartieri di Pechino. Un allarme a cui sono sopraggiunti misure di stand-by per la circolazione dei veicoli e per tutte quelle attività produttive particolarmente inquinanti. Alle scuole è stato fortemente sconsigliato di portare gli alunni fuori per attività all’aperto.

Steven Q. Andrews, uno dei maggiori esperti che studia la qualità dell’aria cinese, commentando ciò che sta accadendo in Cina in questi giorni ha parlato del peggiore disastro dopo la tempesta di sabbia del 2002. Questo anche a causa della scarsità delle foreste da quelle parti. Si calcola infatti che tra le dieci città con l’aria più inquinata, ben sette siano nella provincia di Heilongjiang.

Il Governo rimane silente e scansa le proprie responsabilità” è il commento su Weibo (il più popolare social network cinese) del reporter locale Guo Yazhou. Il giornalista di Harbin non manca di etichettare la situazione come insostenibile. “Con le tecnologie di oggi è impossibile che le istituzioni non sappiano combattere gli effetti collaterali dell’inizio dell’inverno. Abbiamo bisogno di aria pulita, acqua pulita e cibo pulito”.

Intanto le persone cercano riparo come possono, indossando mascherine o mettendo le mani a protezione delle vie aeree. Molti accusano bruciore agli occhi. Forte anche il rischio di incidenti stradali: “Sono rimasto per molto tempo a controllare se la strada fosse sgombera dal traffico, visto che in molte occasioni non sono riuscito nemmeno a vedere il semaforo” racconta un camionista. Una situazione che diventa insostenibile all’ora di pranzo e che migliora un po’ il pomeriggio, quando la circolazione dei veicoli cala. Ma spesso la situazione al mattino non è migliore: “a volte non riesco a vedere l’appartamento vicino, che dista 20 metri” racconta un testimone sulla stampa internazionale.

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