Siria. L’orrore delle fosse comuni

DAMASCO – Orrore in Siria dove gli attivisti per i diritti umani denunciano la presenza di fosse comuni; sarebbero in tutto 40 i corpi scoperti da alcuni residenti in una fossa comune di Daraa, città nel sud della Siria, dove si troverebbero corpi di persone probabilmente arrestate nel corso delle proteste o scomparse durante le mobilitazioni, tra le vittime dell’orrenda barbarie anche donne e bambini dai volti sfigurati, questo con ogni probabilità per impedirne il riconoscimento.

Questo fa pensare che probabilmente potrebbero essercene altre lungo la città. A supportare le accuse ci sono alcuni video postati su Youtube, sul canale ShamsNN gestito da attivisti anti-regime: in primo piano uomini in tute protettive e bombole che scavano nella terra per recuperare cadaveri. Immagini raccapriccianti, che mostrano corpi in decomposizione, mutilati e seminudi.Vicino alla fossa si vede un’auto con la targa di Deraa. L’autenticità del video, della durata di poco meno di un minuto e intitolato: «Fossa comune vicino al cimitero meridionale», non può essere verificata. In un’immagine si possono distinguere i corpi di almeno due persone, di cui una pare un bambino.

 

Gli attivisti stimano che siano oltre 700 le persone scomparse da Deraa da quando lo scorso 25 aprile tank e soldati sono entrati in città per reprimere le rivolte. «Le forze armate hanno fatto rastrellamenti casa per casa arrestando tutti gli uomini d’età compresa tra i 18 e i 45 anni», racconta. Dicevano che li avrebbero portati allo stadio, ma ora il timore che siano finiti nelle fosse cresce. La scoperta della fossa comune segna un agghiacciante inasprimento della brutale repressione delle proteste: un migliaio di persone ha perso la vita e 10 mila sono state arrestate nelle prime 9 settimane di rivolta in Siria, stimano gli attivisti
La scoperta è avvenuta lunedì, quando il governo ha concesso ai cittadini sotto assedio da settimane di uscire di casa per alcune ore.

 

La smentita del regime arrivata martedì tramite l’agenzia ufficiale Sana, che ha definito la notizia annunciata dall’Organizzazione nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus) «priva di fondamento», ma nonostante ciò si è deciso di isolare il perimetro dell’area, vietando agli abitanti di andare a cercare i cadaveri dei loro familiari e confiscando i loro telefonini per paura che ne divulgassero le immagini».
Secondo il governo di Damasco, la notizia è parte di una «campagna orchestrata da alcune emittenti TV e mezzi d’informazioni tesa a sobillare e a falsificare, lanciata contro la Siria nel tentativo continuo di attentare alla sua stabilità e alla sicurezza dei suoi cittadini».
Tuttavia il quotidiano libanese ‘as Safir’, vicino alla Siria, ha citato un funzionario locale di Daraa che ha confermato in parte quanto riferito dall’Organizzazione nazionale per i diritti umani in Siria.
“Quello che è successo a Dera’a è un massacro”, racconta un’attivista che chiede l’anonimato per motivi di sicurezza.
“L’esercito non ha mai lasciato questa città”, e aggiunge: “giorni fa una commissione di attivisti per i diritti umani ha visitato Dera’a e i soldati sono stati astuti a ben coprire queste fosse”.

 

Sempre a Dera’a l’esercito ha ordinato il coprifuoco concedendo ai suoi abitanti soltanto due ore di uscita al giorno.
I funerali delle vittime si sono svolti nel primo pomeriggio mentre alcune madri piangendo si sono rifiutate di riconoscere il corpo di quei figli martoriati e torturati per essere scesi nelle strade a manifestare contro un regime che intanto aveva, in teoria annullando la legge di emergenza, dovuto permettere assemblamenti e manifestazioni.
Nella giornata di mercoledì cinquanta donne hanno attraversato le strade della città in solidarietà con le vittime ritrovate nella fossa comune sotto lo slogan: “Ogni giorno avremo dei martiri, noi non ti amiamo Bashar”.
“Siate forti la giustizia e la libertà vinceranno” si legge su un muro di Dera’a.
Salma una giovane donna di trent’anni dice: “Non serve a niente vivere quando si è umiliati”,  “siamo pronti a morire per la libertà nel nostro Paese”.
Per questo si è deciso di proseguire con le manifestazioni, venerdì, in occasione del giorno della preghiera, la prossima.

 

La Casa Bianca lunedì aveva accusato il regime siriano di incitare i palestinesi al confine contro Israele per distogliere l’attenzione dalla carneficina in atto contro la sua gente, per questa ragione ha disposto sanzioni contro il presidente siriano Bashar al Assad e altrei sei membri del governo.
Censurando le violenze compiute da Damasco, l’amministrazione di Barack Obama ha deciso di congelare gli asset che il capo di Stato e suoi più stretti collaboratori hanno negli Usa e di impedire agli americani qualsiasi commercio con i sanzionati.
La Siria “prosegue nell’escalation di violenza contro il popolo, anche attraverso attacchi ai manifestanti, arresti e aggressioni ad attivisti politici”, si legge nella nota del governo degli usa che parla di “repressione dei cambi democratici ordinata ed eseguita da numerosi elementi del governo siriano”.
Le misure vengono rese note il giorno prima dell’atteso discorso che Obama terrà sulle politiche della Casa Bianca per il medio Oriente.

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