Libano. 402 feriti durate proteste contro il governo

BEIRUT – E’ di 402 feriti il bilancio degli scontri tra la polizia antisommossa libanese e i manifestanti antigovernativi che nel weekend hanno infiammato Beirut.

Lo ha riferito la Croce Rossa libanese, stando a quanto riporta il sito del quotidiano Daily Star. Le proteste sono scoppiate sabato, quando migliaia di dimostranti sono scesi in piazza per la crisi dei rifiuti nella capitale libanese e per protestare contro la paralisi politica e la corruzione. Il Paese dei Cedri è da oltre un anno senza un nuovo presidente della Repubblica, con i vari leader politici che non riescono a trovare un’intesa sul successore di Michel Suleiman. Secondo i media libanesi, la polizia ha risposto alle proteste sparando gas lacrimogeni e utilizzando cannoni ad acqua. Sono stati usati anche proiettili di gomma. Anche ieri si sono registrati scontri tra i manifestanti e le forze di sicurezza. 

All’origine delle proteste c’è la chiusura, avvenuta il mese scorso, della principale discarica di Beirut. Il malcontento si è presto diffuso anche in altre città del paese. Nelle ultime settimane hanno iniziato a moltiplicarsi gli incendi dei cumuli di rifiuti, che hanno rilasciato fumi tossici. Sulle proteste a Beirut è intervenuto il primo ministro libanese, Tammam Salam, annunciando che gli agenti responsabili del ferimento dei dimostranti saranno puniti e ribadendo che il diritto di manifestare è garantito dalla Costituzione. 

“La crisi dei rifiuti è la goccia che ha fatto traboccare il vaso, ma la vicenda è molto più grande di tutto questo”, ha detto Salam, mettendo poi in guardia dalle conseguenze dell’instabilità politica sulle casse dello Stato e in particolare sulla capacità di Beirut di finanziarsi, attraverso l’emissione di titoli, sui mercati finanziari. “Lo sapevate che a causa dell’incapacità di prendere decisioni, potremmo non essere in grado di pagare gli stipendi di un gran numero di dipendenti del settore pubblico?”, ha avvertito Salam, precisando che le tensioni politiche potrebbero far crollare il rating del paese ai livelli degli “Stati falliti”.

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