La chiesa declassifica 3000 documenti sulla dittatura militare argentina

Le missive con le richieste di notizie sui desaparecidos per il  momento non saranno di accesso al pubblico ma per uso giudiziario o di famigliari; “La chiesa apparirà con più luci che ombre”, ha anticipato il monsignor José Maria Arancedo.

La Chiesa ha annunciato oggi la declassificazione degli archivi conservati nell’Episcopato, nella Santa Sede e nella Nunziatura Apostolica corrispondenti al periodo della dittatura militare. Si tratta di 3000 documenti digitalizzati su richieste dei luoghi di detenzione dei desaparecidos e altre informazioni alle autorità, che saranno presentate a seguito di richiesta delle vittime ai famigliari o alla giustizia.

“Non abbiamo paura degli archivi. Li mettiamo a disposizione come un servizio per la riconciliazione, alla giustizia e alla verità”, ha detto l’arcivescovo di Buenos Aires, cardinale Mario Poli, insieme al presidente dell’Episcopato, monsignor José Maria Arancedo, e al segretario generale della Conferenza Episcopale, monsignor Carlos Malfa.

L’annuncio è stato fatto simultaneamente con Roma.

L’accesso, per il momento, non sarà pubblico. D’accordo con un protocollo che verrà reso noto a breve, i famigliari e le vittime potranno richiedere la documentazione corrispondente al proprio caso che verrà consegnato in copia certificata. La Chiesa, risponderà anche alle richieste di giudici e pubblici ministeri.

L’apertura degli archivi è stata definita durante la riunione con il segretario dello Stato Vaticano, cardinale Pietro Parolin, e con il segretario delle Relazioni Estere, monsignor Richard Paul Gallagher e con tutti i responsabili degli altri dicasteri romani, lo scorso 15 ottobre.

“Questo lavoro si è sviluppato avendo come premessa il servizio per la verità, la giustizia e la pace, continuando il dialogo aperto alla cultura dell’incontro”, secondo un comunicato della Segreteria di Stato Vaticano e la Conferenza Episcopale Argentina.

I documenti saranno a disposizione delle vittime e dei famigliari diretti dei desaparecidos e prigionieri e, nel caso di ecclesiastici, ai loro diretti superiori.

“E’ il frutto di un lavoro che l’Episcopato ha iniziato ad approfondire nel 2012, avviato dall’allora cardinale Jorge Beroglio, quando in un documento ci siamo impegnati ad andare avanti con le ricerche di antecedenti e collaborare con la giustizia”, ha detto Arancedo. Ha aggiunto, inoltre, che una volta eletto papa, Francesco incitò a fare lo stesso lavoro in vari organismi della Santa Sede.

Il presidente dell’Episcopato ha detto che si è digitalizzato il materiale trovato nell’istituzione ma non vi è un archivio centrale. Ha aggiunto che è, “molto probabile che nelle diverse diocesi, si conservino altri archivi, ma che la declassificazione di quei documenti dipende dalla singola diocesi”.

“Noi rispondiamo per i nostri archivi. La distruzione di archivi è un peccato gravissimo, che affetta la nostra storia e la memoria dei nostri popoli”, ha detto il cardinal Poli. Ha ricordato anche che la propria arcidiocesi di Buenos Aires ha sofferto la distruzione di documenti nel 1955, periodo in cui cadde Perón scontrandosi con la Chiesa.

Arancedo ha pronosticato che una volta a conoscenza dei documenti, “la Chiesa sarà con più luci che ombre”, riconoscendo che forse la Chiesa non fece proprio tutto quello che avrebbe potuto”, ricordando però, la richiesta pubblica di perdono formulata da tutti i vescovi nel Congresso Eucaristico di Cordoba del 2000.

Nel 2005, l’Episcopato aveva presentato una lista di documenti e carte che i vescovi diffusero durate la dittatura. Tale pubblicazione, però, si meritò critiche da parte delle organizzazioni dei diritti umani perché considerata insufficiente.

Oltre ala documentazione inclusa in questa catalogazione digitale, Arancedo e Malfa hanno rivelato di ricevere settimanalmente una decina di richieste per chiedere informazioni su battesimi di bambini che probabilmente sono stati vittime di appropriazione. “Rispondiamo sempre a queste richieste che in molti casi hanno aiutato ad arrivare alla verità”, ha detto Malfa.

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