Fca, la procura di New York indaga sul caso emissioni

Marchionne nega che la Fiat Chrysler Automobiles abbia violato le leggi americane

NEW YORK – Eric Schneiderman, procuratore generale dello Stato di New York, si è detto “profondamente preoccupato dal materiale presentato dall’Epa riguardante i presunti tentativi di Fca di mettere a repentaglio le nostre leggi sull’aria pulita”. In un comunicato, Schneiderman si è detto “orgoglioso” che il suo ufficio abbia avuto un “ruolo di punta” nell’indagine condotta in più Stati Usa sul gruppo tedesco Volkswagen e da cui sono emersi “abusi palesi” delle leggi ambientali di New York e, “nel caso di Vw, di una cultura di corruzione che ha permesso una condotta palesemente illegale per molti anni”. Il procuratore generale dello Stato di New York ha comunicato che il suo ufficio “non tollererà tentativi da parte di aziende per evitare di rispettare le leggi ambientali e per inquinare l’aria che respiriamo. Di conseguenza il mio ufficio indagherà sulle accuse contro Fca e resta pronto a lavorare con i nostri partner statali e federali per garantire che qualsiasi violazione sia punita come previsto dalla legge”. A

Dal canto suo, Sergio Marchionne nega che Fiat Chrysler Automobiles abbia violato le leggi americane sulle emissioni; rifiuta anche solo il paragone tra il suo gruppo e Volkswagen (chi lo fa “ha fumato qualcosa di illegale”); conferma nuovamente gli obiettivi finanziari al 2018, spera di non dovere fare accantonamenti e si dice pronto a collaborare con le autorità competenti per risolvere quello che sembra un modo diverso di vedere le cose. Perchè nel gruppo nato dalla fusione tra l’ex Fiat e l’ex Chrysler, “nessuno ha cercato di barare” e lui ha la “coscienza pulita”. E se c’è stato uno sbaglio, è stato per una sola “incompetenza tecnica”. Dopo l’accusa arrivata come un fulmine a ciel sereno dall’Agenzia per la protezione ambientale americana (l’Epa), secondo cui Fca ha violato la legge con circa 140mila veicoli, i toni dell’amministratore delegato del gruppo automobilistico sono stati ben diversi da quelli gioiosi della conferenza stampa di lunedì scorso al Salone dell’auto di Detroit. Perchè, sebbene il dialogo con l’Epa fosse in corso dal settembre 2015, quando proprio in Usa è esploso lo scandalo emissioni che ha travolto Vw in seguito al quale le analisi dell’Epa si sono fatte più fitte, l’agenzia stessa soltanto stamattina alle 8 americane ha notificato al gruppo che avrebbe annunciato pubblicamente l’accusa, dando a Fca solo tre ore per rispondere. “Troppo poco”, ha sostenuto Marchionne in una call con la stampa. Non a caso l’azienda si è detta “delusa” e pronta a incontrare le autorità per dimostrare di non avere commesso alcuna violazione.

Accuse Epa potrebbero costare multa fino a 4,63 miliardi dollari New York, 12 gen. (askanews) – La tesi dell’Epa è che Fca “ha installato senza comunicarlo un software di gestione delle emissioni nei modelli Jeep Grand Cherokees e Dodge Ram 1500 prodotti nel 2014, 2015 e 2016 con motori diesel a tre litri venduti in Usa”; nessun esemplare è arrivato in Europa. Il Ceo ha detto invece che tutte le comunicazioni del caso ci sono state. L’Epa vuole che Fca dimostri che quel software non è un “defeat device”, il cui uso è illegale ed è proprio quello che ha travolto il gruppo tedesco. Con sicurezza, Marchionne ha spiegato che diversamente da Vw, che ha fatto un mea culpa riguardante 11 milioni di vetture nel mondo, Fca non ha barato. 

“Le auto di Volkswagen si comportavano in modo diverso a seconda che fossero in laboratorio o su strada – ha precisato Marchionne – le nostre si comportano allo stesso modo” nelle due condizioni di guida e dunque non è stato usato alcun defeat device. A Marchionne non è piaciuto l’atteggiamento “moralista” dell’Epa: “Se danno del disonesto a me sopravvivo”, ma non lo facciano con il gruppo che ha agito nella legalità, ha dichiarato nella call. Il Ceo spera che l’accusa piombata sul gruppo, e che potrebbe costare una multa fino a 4,63 miliardi di dollari, non sia il frutto di una “guerra politica” tra l’amministrazione uscente (quella di Barack Obama) e quella in arrivo di Donald Trump. “Considerando l’avventura di Chrysler iniziata con Obama nel 2009”, quando il gruppo finì in bancarotta e il Lingotto entrò nel capitale per poi prenderne il controllo totale nel gennaio 2014, “sarebbe una mossa sporca” quella dell’Epa, che secondo Marchionne “perderà il diritto di intervenire tra una settimana”, quando si insedierà il 45esimo Commander in chief. Mentre il dialogo proseguirà con un team di persone totalmente nuovo nell’Epa, quelle nominate da Trump, la prima cosa nell’agenda di Fca è “certificare e omologare le vetture del 2017”. Marchionne è convinto che la sua strategia sia accettabile e tale da fare modifiche eventuali alle vetture chiamate in causa dall’accusa dell’Epa. Se ne parlerà in California con le autorità competenti già lunedì. Ma la posizione di Fca resterà la stessa: nessuno ha barato. Intanto anche la procura di New York, “profondamente preoccupata”, indagherà. 

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