Ratzinger lascia il Messico. Tra sacro e profano nella “città del peccato”

CITTA’ DEL MESSICO (corrispondente) – Con l'”adios” del Papa pronunciato all’aeroporto di Guanajuato prima di imbarcarsi alla volta di Cuba, si conclude il primo viaggio pastorale di Joseph Ratzinger in Messico. Grande è stata la partecipazione dei messicani, probabilmente superiore alle aspettative.

Il Messico che ha visto Benedetto XVI è molto diverso dal Messico che aveva trovato Giovanni Paolo II nel suo ultimo viaggio pastorale nel 2002. Ufficialmente il Messico è ancora il paese con la maggior presenza di cattolici di tutta l’America Latina, anche se la secolarizzazione è cresciuta, di pari passo con lo sviluppo economico. In base al censimento del 2010, otto messicani su dieci si professa cattolico, ma solo la metà si dichiara cattolico praticante.

Guanajuato è il bastione più forte del cattolicesimo (94% della popolazione). Molto meno caloroso sarebbe stato il benvenuto del pontefice nella capitale. Agli occhi dell’ortodossia cattolica Città del Messico corrisponde alla “capitale del peccato”. Le leggi introdotte negli ultimi anni nel Districto Federal sono decisamente liberali e in conflitto con il dogma cattolico. Legalizzazione dell’interruzione volontaria della gravidanza, divorzio express, matrimonio tra persone dello stesso sesso, sono solo alcune delle leggi introdotte dal 2007 ad oggi. Nei libri di testo gratuiti distribuiti dal Ministero dell’Istruzione si parla apertamente di metodi contraccettivi e di prevenzione di malattie sessualmente trasmesse, mentre il sistema sanitario pubblico distribuisce gratuitamente anticoncezionali. Una stretta di mano tra il Governatore del Districto Federal Marcelo Ebrard e il Santo Padre sarebbe stata molto imbarazzante per la chiesa. Questo è stato sicuramente uno dei motivi che ha portato il pontefice a boicottare la capitale, oltre ai ben noti problemi di ipertensione che, sommati all’altitudine di Città del Messico (2300 metri sopra il livello del mare), avrebbero messo a rischio la salute di Ratzinger.

Se da una parte il Messico si sta lentamente trasformando in un paese moderno, nulla in questi anni è cambiato all’interno della chiesa cattolica, almeno per quanto riguarda l’ortodossia. Ciò che è cambiato, nel terzo millennio, è la credibilità della chiesa Cattolica. Gli scandali dei preti pedofili hanno profondamente minato le fondamenta del credo cattolico. Secondo il teologo svizzero Hans Kung la crisi che sta attraversando la chiesa è paragonabile solo a quella che portò alla riforma protestante del XVI secolo.

Anche in Messico gli abusi da parte di preti non mancano. I casi documentati dall’Associazione Sopravvissuti degli Abusi Sessuali dei Sacerdoti sarebbero 110. Il Papa, durante i quattro giorni di soggiorno in Messico, ha avuto un colloquio con i parenti delle vittime del narcotraffico, ma non con le vittime degli abusi perpetrati da membri della chiesa e questo ha suscitato numerose polemiche.
Al suo rientro in Vaticano al Papa lo attende un nuovo libro scandalo che colpisce la Chiesa di Roma, intitolato “La volontà di non sapere”, il cui sottotitolo recita “quello che si sapeva su Maciel negli archivi segreti del Vaticano dal 1944”. Il libro è stato scritto da José Barba, Alberto Athié e Fernando González. José Barba è uno dei seminaristi abusati dal sacerdote messicano fondatore dell’ordine dei Legionari di Cristo e padre naturale di cinque figli avuti da donne diverse, di cui due vittime di violenze sessuali.

Il contenuto del libro, anticipato dal settimanale messicano “Proceso”, si basa su 212 documenti top secret, provenienti dagli archivi della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata. Tali documenti dimostrano come la Santa Sede non poteva non essere a conoscenza di uno dei casi più clamorosi di pedofilia, abuso di potere, corruzione, di violenza fisica e psicologica nei confronti di almeno venti seminaristi. I fogli proverebbero come, nel corso degli anni, fossero arrivate varie denunce relative a comportamenti a dir poco anomali di Marcial Maciel Degollado. Molestie sessuali, tossicodipendenza da “dolatina” — un potente farmaco a base di morfina di cui faceva un uso smodato — fiumi di denaro per assicurarsi il silenzio di “chi sapeva”. Gli episodi a cui si fa riferimento riguardano fatti avvenuti negli anni cinquanta e sessanta. Tali denunce portarono la curia romana ad aprire un fascicolo su Maciel, ma l’indagine si concluse con una clamorosa archiviazione. Chi ha voluto insabbiare il caso? Di quali protezioni godeva il sacerdote messicano? Sono questi gli interrogativi che si pongono gli scrittori del libro. Il caso Maciel getta ombre anche sulla figura di Giovanni Paolo II: Marcial Maciel affiancò Papa Wojtyla in numerosi viaggi pastorali in Centro America e fu uno dei suoi consiglieri più ascoltati sulle questioni riguardanti l’America Latina.

Da dicembre a oggi molti documenti riservati della Santa Sede sono misteriosamente filtrati all’esterno. Il caso è già stato denominato Vatileaks in seguito alle dichiarazioni del direttore della Sala Stampa Vaticana Federico Lombardi che ha accusato di slealtà i funzionari della chiesa che passano documenti ai media. In uno di questi documenti si annunciava l’esistenza un possibile complotto per uccidere Benedetto XVI, come ampiamente riportato da Il Fatto Quotidiano.

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