Bisogna essere assolutamente Moderni (Arthur Rimbaud)
Oscar Niemeyer ha la biblica età di 103 anni; è brasiliano ed è uno dei più noti architetti moderni. Le sue opere e la sua stessa vita sono, della modernità, un manifesto poderoso e coerente, paradigma di enormi attese e cocenti fallimenti. Protagonista del “secolo breve”, comunista, autore del progetto Brasilia, ha conosciuto quelle attese e quelle sconfitte, attraversando ideologie rivoluzionarie e avanguardie artistiche, avendo ancora oggi la volontà di proporre le sue mitologie architettoniche magnificamente fuori moda.
Una di queste è appunto il Moderno Auditorium di Ravello. Ovviamente non è stato semplice – come al solito in Italia – far accettare a tutti l’idea di una costruzione moderna in un contesto ambientale e storico fortemente caratterizzato come è quello della Costiera Amalfitana. Comunque, nonostante le divergenze, le spaccature ideologiche, i processi, le critiche degli ambientalisti, l’amore di qualcuno per le villette in pietra e in cortina e verande più o meno abusive che davvero offendono il paesaggio, alla fine l’Auditorium è stato realizzato e recentemente completato e ora attende soltanto che venga utilizzato per il meglio e non abbandonato al degrado come purtroppo spesso accade alle nostre latitudini.
L’universo di Niemeyer è fuori moda: è Moderno non Contemporaneo. Questo non implica nessun giudizio puramente estetico o formale, che peraltro non può e non deve essere separato da una comprensione più ampia delle ragioni e della cultura che sottendono l’opera di un architetto, di uno scultore o di chiunque altro. Aby Warburg conservò per tutta la vita una “onesta ripugnanza” per la “storia dell’arte estetizzante”, quella che valorizzava e valorizza il puro e semplice aspetto formale di un’opera. Parafrasando ancora Warburg, l’Auditorium di Ravello, pur essendo stato progettato e costruito nell’ultimo decennio, conserva in se la “sopravvivenza” del Moderno, implica cioè una continuità culturale con quella esperienza che oggi appare ad Eugenio Scalfari, ma non solo a lui, finita. E’ cominciata l’era dei nostri posteri a noi contemporanei, l’era dei nuovi barbari.
La Modernità non è soltanto un tempo limitato da un prima e da un dopo, ma è, è stata, una percezione della storia dell’umanità come una continua proiezione in avanti; fiducia illimitata nell’idea di progresso, di felicità, di benessere. Rottura con il passato e con la tradizione: nuova società, nuova politica, arte nuova, nuova cultura, fino alle estreme conseguenze, fino alla tragedia.
Niemeyer e il suo piccolo Auditorium sospeso sulla costiera sono parte di quella esperienza. Lo spazio è confinato all’interno di una conchiglia in cemento bianco dalla curva sensuale adagiata sulla collina dalla quale si protende a sbalzo nel vuoto, e le cui uniche grandi aperture guardano il mare e il cielo. E’ una struttura che non condivide nulla delle teorizzazioni comunicative, virtuali, digitali, de-costruttiviste, di molta architettura contemporanea. I suoi compagni di viaggio sono ancora Le Corbusier, Nervi, Jobim, Picasso, Pelè: sono le mitologie del Novecento.